La proposta di Bruxelles ruota attorno a questo principio: consentire alle autorità di organizzare l’uscita ordinata dal mercato per una banca in dissesto di qualsiasi dimensione e modello di business, con un’ampia gamma di strumenti
La Commissione europea ha adottato una proposta per rafforzare l’attuale quadro per la gestione delle crisi bancarie e l’assicurazione dei depositi con particolare attenzione alle Banche di medie e piccole dimensioni, le cui crisi sono state gestite con soluzioni al di fuori del quadro di risoluzione. Lo riferisce Radiocor.
La proposta di Bruxelles ruota attorno a questo principio: consentire alle autorità di organizzare l’uscita ordinata dal mercato per una banca in dissesto di qualsiasi dimensione e modello di business, con un’ampia gamma di strumenti. In particolare, facilitare l’uso di reti di sicurezza finanziate dall’industria per proteggere i depositanti nelle crisi bancarie (sistemi di garanzia dei depositi e fondi di risoluzione) trasferendoli da una banca in difficoltà a una sana.
Ma il ricorso a tali reti di sicurezza deve essere solo un complemento della capacità interna di assorbimento delle perdite delle Banche, che rimane la prima linea di difesa.
La copertura dei depositi (oggi al livello di centomila euro per depositante e per banca) sarebbe estesa agli enti pubblici come ospedali, scuole, Comuni, oltreché dal denaro depositato in alcuni tipi di fondi (società di investimento, istituzioni di pagamento e di moneta elettronica).
La proposta include misure aggiuntive per armonizzare la protezione di saldi elevati temporanei su conti bancari superiori a 100 mila euro legati a specifici eventi della vita come eredità o indennità assicurative. Non ci sono soglie per determinare quali saranno le Banche soggette a eventuale risoluzione con la riforma: deciderà caso per caso l’autorità di risoluzione.
I “sistemi di protezione istituzionale” riconosciuti come sistemi di garanzia dei depositi avranno tempi più lunghi per adeguare le misure preventive (fino a 6 anni): un accorgimento per convincere la Germania a sostenere la proposta. Inoltre viene garantito il riconoscimento delle “specificità nazionali per assicurare un’applicazione proporzionata” delle regole sugli schemi di garanzia dei depositi per cui i sistemi di protezione istituzionale potranno avere target più bassi.
La parte centrale della riforma è costituita da tre proposte legislative che modificano la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle Banche (direttiva 2014/59/UE), il regolamento sul meccanismo di risoluzione unico (regolamento 806/2014) e la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi (direttiva 2014/ 49/UE). Separatamente, il pacchetto comprende anche una quarta proposta legislativa non correlata per modificare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle Banche e il regolamento sul meccanismo di risoluzione unico (la proposta “daisy chain”).
Il primo punto di partenza della Commissione è che a differenza della liquidazione, la risoluzione può essere meno dirompente per i clienti in quanto questi mantengono l’accesso ai propri conti essendo trasferiti a un’altra banca. Inoltre, le funzioni critiche della banca sono preservate. Il secondo punto di partenza è che l’esperienza ha dimostrato che quando le Banche di medie e piccole dimensioni falliscono, le autorità hanno trovato soluzioni al di fuori del quadro di risoluzione armonizzato europeo e ciò “ha spesso comportato l’uso del denaro dei contribuenti invece delle risorse interne richieste dalla banca o delle reti di sicurezza private finanziate dal settore”, indica Bruxelles.
Il terzo punto di partenza è che mentre le riserve di capitale delle Banche continueranno sempre ad assorbire prima le perdite, le reti di sicurezza finanziate privatamente, come i sistemi di garanzia dei depositi e i fondi di risoluzione – che dovrebbero raggiungere rispettivamente oltre 55 miliardi di euro e 80 miliardi di euro entro il 2024 nell’Unione bancaria – devono essere utilizzate ove necessario per rafforzare l’applicazione del pacchetto di strumenti per la gestione delle crisi. Ciò limiterà il rischio di esporre il denaro dei contribuenti in caso di fallimenti bancari.
La proposta non cambia il principio in base al quale il quadro di risoluzione debba essere applicato per la gestione ordinata di “qualsiasi dissesto bancario”, indipendentemente dalla sua presenza geografica, dalle sue dimensioni o dal modello di business, qualora il risultato atteso sia superiore all’insolvenza.
La Commissione propone di migliorare il perimetro della discrezionalità delle autorità di risoluzione per decidere caso per caso se una banca debba essere liquidata o avviare una procedura di insolvenza nazionale. Si tratta di valutare l’interesse pubblico in gioco: viene chiarito che la criticità delle funzioni di una banca sulla stabilità finanziaria deve essere valutata a livello regionale e non solo a livello nazionale.
E viene introdotta una chiara distinzione tra l’uso del denaro dei contribuenti e del denaro privato dell’industria per sostenere l’esecuzione della strategia nella valutazione dei vantaggi della risoluzione. La proposta richiede inoltre alle autorità di risoluzione di ridurre al minimo le perdite per i sistemi di garanzia dei depositi e chiarisce che tutti gli obiettivi di risoluzione devono essere valutati con lo stesso grado di attenzione.
L’obiettivo comunitario è duplice: garantire che il quadro di risoluzione sia applicato correttamente alle Banche di qualsiasi dimensione quando ciò consente di raggiungere al meglio gli obiettivi di una gestione ordinata della crisi e ridurre la probabilità che la scelta operata dall’autorità di risoluzione durante la fase di pianificazione cambi al momento di fallimento.
La riforma non modifica la ripartizione dei compiti tra il Comitato di risoluzione unico (Srb) e le autorità nazionali di risoluzione: tutte le Banche significativi e transfrontaliere meno significativi restano sotto la diretta responsabilità Srb indipendentemente dal fatto che la strategia sia la risoluzione o la liquidazione, mentre tutte quelle meno significativi restano di competenza delle autorità nazionali.
In base alle norme vigenti, le autorità di risoluzione fissano, banca per banca, il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (Mrel). Si tratta dell’importo minimo di capitale proprio e di strumenti “bail-in” che una banca deve detenere in ogni momento per assorbire le perdite e fornire capitale in caso di risoluzione.
Il Mrel, indica Bruxelles, è e rimarrà la prima linea di difesa per garantire che la banca disponga di risorse interne sufficienti per pagare il costo del suo fallimento. Le autorità possono utilizzare finanziamenti esterni complementari per finanziare la risoluzione, se necessario compresi i sistemi nazionali di garanzia dei depositi, a determinate condizioni, in aggiunta ai fondi di risoluzione, per proteggere i depositanti dal subire perdite. Una delle condizioni principali per accedere ai fondi di risoluzione è che gli azionisti e i creditori debbano prima pagare le perdite (‘bail-in’) con un importo pari ad almeno l’8% del totale delle passività e dei fondi propri della banca fallita.
Le riserve Mrel detenute dalla banca e, una volta esaurite, le passività di altri creditori possono essere utilizzate per assorbire le perdite fino alla soglia dell’8%. Tuttavia, l’esperienza ha dimostrato che per alcune Banche con un’elevata prevalenza di depositi, il rispetto della condizione dell’8% può comportare perdite per i depositanti, che a loro volta possono influire negativamente sulla comunità, sulla fiducia dei depositanti e sulla stabilità finanziaria. Di qui la possibilità di ricorrere ai fondi dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi in una risoluzione come “ponte” per soddisfare la condizione dell’8%, al fine di proteggere i depositanti dal subire perdite.
La parte centrale della riforma è costituita da tre proposte legislative che modificano la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle Banche (direttiva 2014/59/UE), il regolamento sul meccanismo di risoluzione unico (regolamento 806/2014) e la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi (direttiva 2014/ 49/UE). Separatamente, il pacchetto comprende anche una quarta proposta legislativa non correlata per modificare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle Banche e il regolamento sul meccanismo di risoluzione unico (la proposta “daisy chain”).
Il primo punto di partenza della Commissione è che a differenza della liquidazione, la risoluzione può essere meno dirompente per i clienti in quanto questi mantengono l’accesso ai propri conti essendo trasferiti a un’altra banca. Inoltre, le funzioni critiche della banca sono preservate.
Il secondo punto di partenza è che l’esperienza ha dimostrato che quando le Banche di medie e piccole dimensioni falliscono, le autorità hanno trovato soluzioni al di fuori del quadro di risoluzione armonizzato europeo e ciò “ha spesso comportato l’uso del denaro dei contribuenti invece delle risorse interne richieste dalla banca o delle reti di sicurezza private finanziate dal settore”, indica Bruxelles.
Il terzo punto di partenza è che mentre le riserve di capitale delle Banche continueranno sempre ad assorbire prima le perdite, le reti di sicurezza finanziate privatamente, come i sistemi di garanzia dei depositi e i fondi di risoluzione – che dovrebbero raggiungere rispettivamente oltre 55 miliardi di euro e 80 miliardi di euro entro il 2024 nell’Unione bancaria – devono essere utilizzate ove necessario per rafforzare l’applicazione del pacchetto di strumenti per la gestione delle crisi. Ciò limiterà il rischio di esporre il denaro dei contribuenti in caso di fallimenti bancari.
La proposta non cambia il principio in base al quale il quadro di risoluzione debba essere applicato per la gestione ordinata di “qualsiasi dissesto bancario”, indipendentemente dalla sua presenza geografica, dalle sue dimensioni o dal modello di business, qualora il risultato atteso sia superiore all’insolvenza. La Commissione propone di migliorare il perimetro della discrezionalità delle autorità di risoluzione per decidere caso per caso se una banca debba essere liquidata o avviare una procedura di insolvenza nazionale.
Si tratta di valutare l’interesse pubblico in gioco: viene chiarito che la criticità delle funzioni di una banca sulla stabilità finanziaria deve essere valutata a livello regionale e non solo a livello nazionale. E viene introdotta una chiara distinzione tra l’uso del denaro dei contribuenti e del denaro privato dell’industria per sostenere l’esecuzione della strategia nella valutazione dei vantaggi della risoluzione. La proposta richiede inoltre alle autorità di risoluzione di ridurre al minimo le perdite per i sistemi di garanzia dei depositi e chiarisce che tutti gli obiettivi di risoluzione devono essere valutati con lo stesso grado di attenzione.
L’obiettivo comunitario è duplice: garantire che il quadro di risoluzione sia applicato correttamente alle Banche di qualsiasi dimensione quando ciò consente di raggiungere al meglio gli obiettivi di una gestione ordinata della crisi e ridurre la probabilità che la scelta operata dall’autorità di risoluzione durante la fase di pianificazione cambi al momento di fallimento.
La riforma non modifica la ripartizione dei compiti tra il Comitato di risoluzione unico (Srb) e le autorità nazionali di risoluzione: tutte le Banche significativi e transfrontaliere meno significativi restano sotto la diretta responsabilità Srb indipendentemente dal fatto che la strategia sia la risoluzione o la liquidazione, mentre tutte quelle meno significativi restano di competenza delle autorità nazionali.
In base alle norme vigenti, le autorità di risoluzione fissano, banca per banca, il requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (Mrel). Si tratta dell’importo minimo di capitale proprio e di strumenti “bail-in” che una banca deve detenere in ogni momento per assorbire le perdite e fornire capitale in caso di risoluzione.
Il Mrel, indica Bruxelles, è e rimarrà la prima linea di difesa per garantire che la banca disponga di risorse interne sufficienti per pagare il costo del suo fallimento. Le autorità possono utilizzare finanziamenti esterni complementari per finanziare la risoluzione, se necessario compresi i sistemi nazionali di garanzia dei depositi, a determinate condizioni, in aggiunta ai fondi di risoluzione, per proteggere i depositanti dal subire perdite.
Una delle condizioni principali per accedere ai fondi di risoluzione è che gli azionisti e i creditori debbano prima pagare le perdite (‘bail-in’) con un importo pari ad almeno l’8% del totale delle passività e dei fondi propri della banca fallita. Le riserve Mrel detenute dalla banca e, una volta esaurite, le passività di altri creditori possono essere utilizzate per assorbire le perdite fino alla soglia dell’8%.
Tuttavia, l’esperienza ha dimostrato che per alcune Banche con un’elevata prevalenza di depositi, il rispetto della condizione dell’8% può comportare perdite per i depositanti, che a loro volta possono influire negativamente sulla comunità, sulla fiducia dei depositanti e sulla stabilità finanziaria.
Di qui la possibilità di ricorrere ai fondi dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi in una risoluzione come “ponte” per soddisfare la condizione dell’8%, al fine di proteggere i depositanti dal subire perdite.