Per la prima volta otto società cinesi e di Hong Kong apparirebbero in una lista (ancora soggetta a modifiche) per evitare che beni di cui la Ue ha bloccato l’esportazione verso la Russia trovino altre strade
La Commissione europea ha lanciato una nuova, l’undicesima, serie di sanzioni che mirano a interrompere l’aggiramento delle precedenti sanzioni europee verso la Russia: per la prima volta otto società cinesi e di Hong Kong apparirebbero in una lista (ancora soggetta a modifiche) per evitare che beni di cui la Ue ha bloccato l’esportazione verso la Russia trovino altre strade “per approvvigionare il complesso militare russo”, ha indicato il portavoce comunitario.
Ha risposto da Pechino il ministro degli esteri affermando che la Cina “reagirà” a eventuali sanzioni contro imprese cinesi. La proposta sarà discussa dagli ambasciatori degli stati Ue domani a Bruxelles e la discussione non sarà facile. Lo riferisce Radiocor.
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A Strasburgo il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha confermato che la linea della Ue deve restare saldamente ancorata alla necessità di preservare il sistema multilaterale del quadro internazionale moltiplicando le partnership invece di rischiare la chiusura in blocchi economici (e politici) contrapposti, insistendo sul principio che rispetto alla Cina occorre ridurre il rischio della dipendenza da essa per le materie prime critiche senza arrivare al “decoupling” dal quale tutti, Europa compresa, avrebbero da perdere.
“Siamo contrari agli stati che introducono sanzioni extraterritoriali o unilaterali alla Cina o a qualsiasi altro paese secondo le proprie leggi nazionali: se ciò dovesse accadere, reagiremmo in modo rigoroso e fermo. Difenderemo gli interessi legittimi del nostro paese e delle nostre aziende”, ha detto seccamente il ministro degli esteri cinese.
I toni aspri su questo convivono con le mosse diplomatiche in corso più o meno sotto traccia per delineare una soluzione sulla questione ucraina: non è un caso che il ministro degli esteri cinesi abbia annunciato che un rappresentante speciale del governo si recherà prossimamente in Ucraina e in altri paesi europei spiegando che la Cina “continua a lavorare per dei negoziati” tra Russia e Ucraina.
Mentre lo stesso Qin Gang, dopo il viaggio a Berlino, si recherà in Francia e in Norvegia. La decisione europea sulle sanzioni, nel quadro delle indicazioni definite a livello del G7, è considerata una novità rilevante da entrambe le parti: per la Ue è il modo per verificare la “presa” delle politiche volte a danneggiare economicamente la Russia frenando la sua capacità di produzione militare, rispetto ai paesi che continuano a intrattenere rapporti solidi con Mosca.
Non viene messa nel mirino la Turchia, che è membro della Nato e di cui si sospetta un ruolo rilevante nell’aggiramento delle sanzioni. Tre altre altre due imprese cinesi, 3HC Semiconductors e King-Pai Technology, sono già state sanzionate dagli Usa e si apprestano a esserlo dalla Ue. Lo stesso vale per le società di Hong Kong Sinno Electronics e Sigma Technology.
La presidente della Commissione von der Leyen, oggi a Kiev per incontrare il presidente Zelenski, ha spiegato i termini del nuovo “pacchetto”: nella lista dello stop alle importazioni compariranno prodotti tecnologici avanzati o parti di aeromobili destinati a paesi terzi e poi trasferiti in Russia.
Von der Leyen ha parlato di uno nuovo strumento “di ultima istanza da usare con cautela” che scatti quando “vediamo che le merci vanno dall’Unione europea verso paesi terzi e poi finiscono in Russia”. A quel punto si tratta di impedirne l’esportazione. Infine c’è il divieto delle entità “ombra” della Russia e dei paesi terzi che eludono intenzionalmente le sanzioni.
Tutto questo non impedisce di mantenere aperti effettivi canali politici e diplomatici Europa-Cina e non solo a tutela delle strette interrelazioni economiche. Al Parlamento europeo Scholz ha rilanciato l’articolazione dei rapporti con la Cina all’insegna della “triade” partner, concorrente, rivale sistemico, base di riferimento per ridurre i rischi di dipendenza continentale scongiurando però prospettive di “decoupling” dalla Cina, considerate anche dal Tesoro americano una vera e propria iattura globale.
Il cancelliere non è stato criticato sulla politica verso la Cina durante la sessione plenaria dell’Europarlamento: le voci fortemente critiche sia da destra che da sinistra si sono invece concentrate sulla leadership debole della Germania in questa fase, sulla necessità che “faccia i compiti a casa” visti gli errori clamorosi di politica energetica (l’eccessiva dipendenza dalla Russia), sulla persistente inclinazione a politiche all’insegna dell’austerità con regole di bilancio rigide.
Nel dibattito non sono mancati toni molto duri da parte del numero 2 del gruppo dei Conservatori e Riformisti (il partito di cui è leader la premier Giorgia Meloni): Antoni Legutko, del polacco Diritto e Giustizia, ha condannato la Germania quale “pilastro dell’oligarchia europea, con i grandi stati che fanno quello che vogliono”, responsabile “della tirannia della maggioranza”. Segno che la destra si prepara a contestare apertamente la proposta di passare al voto a maggioranza qualificata in politica estera (e per Scholz anche sulla tassazione).
Recentemente 9 stati, Germania, Francia, Italia, Spagna, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Finlandia, Slovenia, hanno lanciato la creazione di un “gruppo di amici”.
Infine, non ci sono novità sull’Ucraina: a Kiev von der Leyen ha riconosciuto che l’Ucraina “sta lavorando intensamente sui passaggi da percorrere prima che Bruxelles possa raccomandare agli stati di avviare i negoziati per l’adesione alla Ue”. Confermando che la Commissione riferirà al Consiglio prima a giugno e poi con un documento a ottobre dal quale dipenderà la decisione di avviare il negoziato. Oggi Scholz ha detto senza mezzi termini che “l’Europa deve mantenere le promesse fatte ai suoi immediati vicini”, citando espressamente
i Balcani occidentali, l’Ucraina, la Moldavia e, “per il futuro”, la Georgia. Il cui destino è far parte dell’Europa. Tuttavia, così com’è la Ue non è in grado di gestire ulteriori allargamenti senza riformarsi a cominciare dal superamento dell’unanimità in alcuni settori a partire da politica estera e tassazione. Importante l’accento particolare sui paesi dei Balcani occidentali, un’area decisiva per la stabilità continentale: “Abbiamo promesso loro l’adesione non meno di vent’anni fa”. Molto prima, dunque, della promessa all’Ucraina.