
La maggior parte delle bottiglie tricolore è esclusa dalle sanzioni che colpiscono per lo più sopra i 300 euro di prezzo
Meno volume ma più valore. Questa in estrema sintesi la valutazione fatta dagli esperti circa l’export di vino italiano in Russia. Come confermato anche da quanto scritto dal Gambero Rosso che parla di un +16% a valore (per un totale di 172 milioni di euro) del 2022 rispetto al 2021. Non solo ma dalle stesse pagine si legge che «una grossa, grossissima fetta dei vini del nostro Paese rimane fuori dal blocco, volto a colpire perlopiù gli acquisti lussuosi di magnati e oligarchi». In altre parole: le bottiglie con un prezzo superiore ai 300 euro.
Secondo Edoardo Freddi, a capo della Edoardo Freddi International, «le attività sul mercato russo stanno andando abbastanza bene e nonostante la situazione confusa, nonché tesa, anche meglio del previsto».
I russi, infatti, sembrano «concentrarsi sui vini entry level; Super Tuscan, Brunello, Amarone e Barolo rimangono molto apprezzati dai russi, ma nell’ultimo periodo si stanno iniziando a scoprire vini italiani meno costosi come il Primitivo della Puglia o anche il Pinot Grigio, il Lambrusco, l’Asti, il Prosecco, il Chianti e il Montepulciano. Di recente c’è grande entusiasmo pure per il Vermentino, che lentamente sta sostituendo e prendendo il posto del Lugana».
FOTO: GIUSEPPE GIGLIA / ANSA / I54