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Economia

Maternità, occupazione femminile e lavoro-studio: esistono ancora domande “riservate” alle donne

Rossana Prezioso
14 Maggio 2023
Maternità, occupazione femminile e lavoro-studio: esistono ancora domande “riservate” alle donne
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In fase di assunzione il 20% delle donne ha dovuto rispondere a domande riferite alla maternità Il tema della maternità nel mondo del lavoro resta un tema di grande attualità. […]

In fase di assunzione il 20% delle donne ha dovuto rispondere a domande riferite alla maternità

Il tema della maternità nel mondo del lavoro resta un tema di grande attualità. Non solo in Italia, dove l’occupazione femminile ed il gap di genere, anche in ambito lavorativo, è ancora ampio (l’occupazione femminile non supera il 50% ed è noto come anche gli stipendi in rosa siano inferiori a quelli dei colleghi maschi), ma anche e soprattutto perché la nazione, proprio in questi giorni, si sta interrogando sulle cause di una denatalità sempre più severa.

Lo hanno fatto anche gli analisti di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group nel report “Women4: superare le disparità di genere per un futuro del lavoro sostenibile” che hanno deciso di identificare le cause della disparità di genere in settori considerati prevalentemente maschili ( ICT, Logistica/Trasporti e Meccanica/Automotive) e le possibili soluzioni da mettere in campo per superare tale problema.

Dalle pagine dell’analisi gli esperti sottolineano come, in fase di assunzione, una domanda sulla genitorialità (se si intendessero aver dei figli) venga ancora rivolta alle donne 1 volta su 5. Infatti, come fanno notare nel report, il 20% delle donne riferisce di aver dovuto rispondere ad una domanda di questo tipo.

Il fatto che, soprattutto in ambiti considerati maschili, ci siano delle domande “riservate” alle donne è un elemento che colpisce, come ammette anche Rossella Riccò, Responsabile Centro Studi ODM Consulting che aggiunge «La diffusione di questa prassi lascia intuire come ancora oggi molte aziende, almeno fra quelle rispondenti ma temo non solo fra loro, non utilizzino, o non siano a conoscenza, di pratiche e tecniche di selezione gender-bias free per ridurre l’impatto degli stereotipi di genere in fase di selezione. Fra le barriere all’occupazione delle donne la maternità (effettiva o desiderata) emerge come una delle criticità principali. Questa viene ancora oggi vista da molte imprese come un costo “aggiunto” ed è accompagnata dal timore di una “minor produttività” o di abbandono dell’attività lavorativa da parte delle neo mamme. Lo evidenziano anche i dati Istat: in Italia le donne madri sono soggette ad un evidente “svantaggio occupazionale”, soprattutto se in presenza di figli in età prescolare. Il tasso di occupazione delle donne che hanno tra i 25 e i 49 anni passa dal 71,9% per le donne senza figli al 53,4% per quelle che hanno almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni».

Le possibili soluzioni proposte dallo studio di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group sono diverse. Tra queste, la formazione di recruiter e selezionatori che abbiano coscienza degli effetti dei bias di genere e delle tecniche adottabili per ridurne l’effetto. E ancora: adottare processi di recruitment e selezione basati su criteri misurabili, trasparenti ed equi, creare job description e relativi annunci ponendo attenzione alla loro formulazione, ad esempio non includere pronomi, ma utilizzare espressioni come “il/la candidato/a ideale” e specificare sempre che ci si rivolge ad entrambi i sessi, definire quote di genere sia per le short-list delle candidature, sia per la selezione di nuove figure, soprattutto in ruoli/mansioni ad alto tasso di gender-gap.

Si potrebbe anche agire direttamente sull’intelligenza artificiale in fase di selezione, quindi analizzare e rimuovere l’influenza dei bias di genere (e intersezionali) nella programmazione dei sistemi di intelligenza artificiale (IA) o nelle Learning Machine applicate allo screening dei CV o alle selezioni online. Da un punto di vista più concreto, l’analisi suggerisce anche un processo di selezione in modalità blind, in cui tutti gli indicatori personali (nome, genere, età, esperienza di lavoro, background educativo…) vengono rimossi in modo da scegliere i candidati solo in base alle skill.

Tra le altre soluzioni proposte, poi, nel report è suggerito di utilizzare un elenco di domande standardizzate uguali per tutti i candidati e le candidate per la posizione aperta e proposte nello stesso ordine, così da assicurare che ogni candidato/a abbia la stessa opportunità di esporre le proprie qualifiche indipendentemente dal genere, stipulare accordi con le APL e i Centri per l’Impiego (CPI) impegnati in progetti di riqualificazione o di re-inserimento al lavoro di donne disoccupate o inoccupate. E ancora: stipulare accordi di partenariato per l’attivazione di tirocini o stage formativi con scuole, Università, enti di formazione del territorio e partecipazione ai career day.

Come sottolinea Francesco Baroni, Country Manager di Gi Group Holding Italia. «L’elevata disoccupazione femminile non ha origine nel divario di competenze uomo-donna, ma è dovuta a fenomeni socio-culturali sedimentati nella società che risultano ancor oggi difficili da eliminare. Questo è il momento chiave per scegliere le persone migliori e più adatte al ruolo ricercato dall’azienda, in base alle attitudini, competenze ed esperienze pregresse. Inoltre, è anche un’occasione per l’azienda di comunicare verso l’esterno i propri valori e la propria cultura. I processi di recruitment e selezione sono di conseguenza fasi molto critiche, che vanno gestite assicurando inclusività e meritocrazia. Sono cruciali per la capacità di attrarre talenti in un contesto di elevato candidate shortage e di comunicare verso l’esterno i valori e la cultura aziendali.

Per questo, consapevoli del ruolo sociale che ha il lavoro e che di conseguenza abbiamo noi occupandoci di lavoro, nel 2021 abbiamo lanciato Women4. Il progetto si rivolge alle donne e, inserendosi nel perimetro del nostro impegno per il Lavoro Sostenibile, vuole eliminare i fattori che scoraggiano od ostacolano il loro ingresso e la loro crescita nel mondo del lavoro. Questo studio si inserisce in questo perimetro, perché riteniamo fondamentale adottare anche un approccio analitico al fenomeno per poi poter proporre soluzioni pratiche virtuose».

FOTO: SHUTTERSTOCK

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Dir. resp.le: Maria Lucia Panucci

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