
Attualmente sono 59 gli imputati nel processo per il crollo del Ponte Morandi, oltre alle due società Aspi e Spea
«Sapevo che il ponte era a rischio crollo ma non feci nulla». A parlare è Gianni Mion, braccio destro di Gilberto Benetton e amministratore delegato di Edizione – la holding che controllava Autostrade per l’Italia. Un’ammissione che potrebbe portarlo a trasformarsi da teste ad indagato. Attualmente sono 59 gli imputati (oltre alle due società Aspi e Spea) nel processo per il crollo del Ponte Morandi che il 14 agosto 2018 portò alla morte 43 persone.
«Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo (dg di Aspi, ndr) mi rispose “ce la autocertifichiamo”. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio rammarico». «Ci fu quella riunione dove venne evidenziato il problema di progettazione. Ma nessuno pensava che crollasse» Ed in occasione del controesame di diversi avvocati ha aggiunto «Che la stabilità dell’opera venisse autocertificata per me era una c…, una stupidaggine e mi aveva fatto impressione. Dopo quella riunione avrei dovuto fare casino, ma non l’ho fatto. Forse perché tenevo al mio posto di lavoro».
«A quella riunione – ha proseguito Mion – c’era anche Gilberto Benetton, sapeva anche lui che c’era quel problema. Ma anche lui si è fidato di questa autocertificazione. È andata così, nessuno ha fatto nulla e provo dispiacere. Quante cose non abbiamo fatto da stupidi che cercheresti di non fare».
«Ho ancora molta stima di Castellucci – ha concluso Mion -. Io penso che ci sia un motivo per cui non è stato fatto nulla in tutti questi anni. Queste grandi società sono autoreferenziali per definizione perché sono il riferimento per tutto il settore. E però anche lo Stato non ha verificato abbastanza. Io spero che adesso si verifichi meglio del passato. Spero questo per tutti. Io purtroppo non posso rinascere. Sono alla fine della mia corsa, speravo che finisse meglio».
Dopo le dichiarazioni choc è arrivato il commento del governatore della Liguria. «Da cittadino e da amministratore – ha affermato – le dichiarazioni dell’ ex amministratore delegato di Edizione Holding mi hanno lasciato un senso di sconforto e sgomento: se le cose fossero effettivamente andate così, e questo dovrà essere verificato in fase processuale, a colpire non è solo la responsabilità che hanno deciso di prendersi ma è disarmante che un cda, che ha responsabilità sociali ed economiche così importanti nel paese, abbia girato la testa di fronte a un rischio effettivo di quella portata e mi auguro che i giudici lo dimostrino e sanzionino con il dovuto rigore. Altrettanto agghiaccianti sono state anche le dichiarazioni, ovviamente sempre da verificare, sul fatto che si riteneva che la concessionaria fosse controllante e controllata, evidenziando la totale assenza di un sistema di controlli ministeriali su un utilizzo di concessioni pubbliche anche se affidate ad un privato. Emergerebbe quindi, oltre allo squallore umano, anche un vuoto normativo o un cortocircuito ancora più grave perché non riguarda l’atteggiamento di una singola persona ma il fatto che si riteneva che fosse lo stesso che utilizza quelle concessioni pubbliche a controllare il suo buon operato e darsi i voti. Molto dall’epoca è stato cambiato ma questo modus operandi merita un’ ulteriore riflessione».
FOTO: ANSA/LUCA ZENNARO
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