
Dopo il rifiuto di Mosca al rinnovo dell’accordo per il transito dell’export ucraino nel Mar Nero, Coldiretti traccia un quadro inquietante, soprattutto per i paesi più poveri
Il mancato rinnovo dell’accordo sul transito dei prodotti ucraini nel Mar Nero rischia di accendere, secondo analisi Ismea e di Confagricoltura, tendenze rialziste dei prezzi delle derrate agricole. L’accordo, nell’ultimo anno, ha consentito all’Ucraina l’esportazione di quasi 33 milioni di tonnellate di cereali, principalmente grano, mais oltre ai semi di girasole. Questa la posta in gioco per un’intesa considerata essenziale per le forniture agroalimentari su scala globale, e in particolare per i Paesi più vulnerabili a rischio carestia, Africa in primis.
Firmata nel luglio 2022 con Russia e Ucraina sotto l’egida della Turchia, Paese mediatore, e delle Nazioni Unite, la Black Sea Grain Initiative ha finora alleviato il rischio di carestia nel mondo garantendo, nonostante la guerra in corso tra Kiev e Mosca, l’immissione sul mercato delle produzione agricole ucraine, derrate trasportate su rotte marine.
Dai porti ucraini nell’ultimo anno i cereali hanno in particolare raggiunto i mercati di almeno 45 Paesi importatori, Cina in primis (7,75 Mt), davanti a Spagna (5,6 Mt) e Turchia (3,1 Mt).
A beneficiare dell’accordo, precisa la Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga, sono state nell’ordine la Cina (24,3%), la Spagna (18,3%), la Turchia (10%) e l’Italia (6,3%). L’Italia, ricorda Divulga, è al quarto posto tra i Paesi importatori di derrate ‘made in Ukraine’: in particolare sono arrivati quasi 2,1 milioni di tonnellate di prodotti, di cui il 65,7% è mais (1,3 milioni di tonnellate), il 21,1% pari a 435 mila tonnellate è grano tenero mentre il 5% è olio di girasole (100 mila tonnellate).
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Mentre – sempre secondo i dati Divulga – è arrivato nei Paesi in via di sviluppo il 65% del grano tenero. L’Ucraina è diventata il secondo fornitore di prodotti agroalimentari dell’Ue, evidenzia il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, prefigurando ora instabilità sui mercati internazionali e speculazioni col mancato rinnovo dell’accordo.
A questo punto, per Confagricoltura, è da mettere in preventivo un rialzo dei prezzi delle commodities che, secondo l’indice della Fao, sono in costante diminuzione da un anno rispetto al picco raggiunto nel marzo 2022. Intanto le organizzazioni agricole europee Copa e Cogeca si aspettano per il prossimo raccolto “una forte riduzione della produzione dei cereali.
Questo non solo in Spagna, Portogallo o Italia (fino a -60% rispetto al 2022), ma in tutta l’Ue. In Europa Copa e Cogeca stimano poi forti flessioni in Romania -20%, Finlandia – 30%, Polonia – 14%, Lituania -35% rispetto alle previsioni di maggio. E in Italia a giugno, rileva l’Ismea, il prezzo medio del frumento tenero nazionale è sceso a 266,47 euro/tonnellata, in flessione del 31% rispetto a giugno 2022.
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(foto ANSA)