
Rapporto Svimez: la stretta sui tassi della Bce peserà di più al Sud. I salari in picchiata: uno su quattro sotto i 9 euro l’ora. Occupazione in crescita su livelli superiori al pre-Covid
Il rapporto Svimez stima una crescita del Pil italiano del +1,1% nel 2023, con una crescita nel Mezzogiorno (+0,9%) di soli tre decimi di punto percentuale in meno rispetto al Centro-Nord (+1,2%). Questo se c’è un utilizzo parziale delle risorse del Pnrr.
Con la piena efficienza del piano invece il Pil del Sud potrebbe far segnare già nel 2023 una crescita superiore di circa cinque decimi (fino all’1,4%) e di circa quattro decimi nel Centro-Nord. In seguito, il contributo aggiuntivo del Pnrr tenderebbe ad aumentare più al Sud, fino a chiudere il divario di crescita con il Nord nel 2025.
Complessivamente, nel triennio di previsione 2023-2025, gli investimenti dovrebbero crescere in maniera più pronunciata nel Mezzogiorno, grazie ai ritmi di crescita del 2024-2025 stimati al di sopra della media delle regioni centro-settentrionali. L’associazione segnala inoltre che un’ulteriore stretta monetaria della Bce “avrebbe effetti recessivi più intensi al Sud“.
In base alle stime Svimez poi sono circa tre milioni i lavoratori dipendenti al di sotto dei 9 euro di retribuzione oraria in Italia. Di questi circa un milione sono nel Mezzogiorno dove la loro quota raggiunge il 25,1% degli occupati dipendenti, oltre uno su quattro. Circa due milioni vivono nelle Regioni del Centro-Nord dove rappresentano il 15,9% degli occupati dipendenti. Anche la perdita di potere d’acquisto interessa soprattutto il Mezzogiorno così come il lavoro povero.
Il Mezzogiorno, ad ogni modo, ha fatto segnare nel periodo successivo allo shock del Covid una crescita occupazionale sostenuta, grazie alla quale è tornato su livelli di occupazione superiori a quelli osservati nel pre-pandemia (+22 mila occupati nella media del 2022 rispetto al 2019). Tra il primo trimestre del 2021 e il primo trimestre del 2023 l’occupazione è cresciuta a livello nazionale del +6,5% e del +7,7% nelle regioni del Mezzogiorno. Per la prima volta dopo molti anni è cresciuta anche la componente a tempo indeterminato, soprattutto al Sud (+310 mila unità; +9% rispetto al +5,5% del Centro-Nord).
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