
I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali (da +10,5 per cento a +10,2 per cento). Consumatori: “Calo insufficiente”
A luglio l’indice di prezzi al consumo è rimasto invariato rispetto al mese precedente ed è aumentato del 5,9% su base annua. A giugno il dato tendenziale era di +6,4% a fronte del +6,0% della stima preliminare. Lo stima l‘Istat.
La decelerazione del tasso di inflazione, spiega Istat, si deve in primo luogo al rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +4,7% a +2,4%), dei beni energetici non regolamentati (da +8,4% a +7,0%), degli alimentari lavorati (da +11,5% a +10,5%).
In misura minore ha influito sul dato complessivo il rallentamento dei prezzi di altri beni(da +4,8% a +4,5%) e dell’ampliamento della flessione su base annua degli energetici regolamentati (da -29,0% a -30,3%). Questi effetti sono stati solo in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +9,4% a +10,4%) e di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +3,5% a +3,6%).
L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, segna un nuovo rallentamento al 5,2%(da 5,6%) mentre quella al netto dei soli beni energetici passa da 5,8% a 5,5%.
In attenuazione, per il quinto mese consecutivo, risulta la dinamica tendenziale del “carrello della spesa”, scesa a luglio al +10,2 per cento.
I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali (da +10,5 per cento a +10,2 per cento), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,7 per cento a +5,5 per cento). La stabilita’ sul piano congiunturale dell’indice generale risente delle dinamiche opposte di diverse componenti: da una parte, la crescita dei prezzi degli alimentari lavorati (+0,6 per cento), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona e dei servizi relativi ai trasporti (+0,4 per cento entrambi, per effetto anche di fattori legati alla stagionalità), dei beni non durevoli e dei servizi vari (+0,3 per cento entrambi); dall’altra, la diminuzione dei prezzi degli Energetici sia regolamentati (-1,8 per cento) sia non regolamentati (-1,3 per cento), degli Alimentari non lavorati (-0,8 per cento) e dei Tabacchi (-0,6 per cento).
L’inflazione acquisita per il 2023 rimane stabile a +5,6 per cento per l’indice generale e si attesta a +5,1 per cento per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dell’1,6 per cento su base mensile, a causa dei saldi estivi di cui il Nic non tiene conto, e aumenta del 6,3 per cento su base annua (in decelerazione da +6,7 per cento di giugno); la stima preliminare era +6,4 per cento.
L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1 per cento su base mensile e del 5,7 per cento su base annua.
Il calo dell’inflazione è “insufficiente, con il misurino” secondo il presidente dell‘Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona.
Per una coppia con due figli, stima l’Unc, l’inflazione a +5,9% significa un aumento del costo della vita pari a 1.699 euro su base annua. Di questi ben 823 euro servono solo per far fronte ai rialzi del 10,7% dei prodotti alimentari e bevande analcoliche, 340 per la sola voce abitazione, acqua ed elettricità (+9%), 864 euro per il carrello della spesa a +10,2%. Per una coppia con un figlio la maggior spesa annua è pari a 1.548 euro, di cui 743 per cibo e bevande, 785 euro per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona.
In media, conclude l’associazione, per una famiglia la mazzata è di 1.288 euro, 603 per mangiare e bere, 636 euro per la spesa di tutti i giorni. Il primato va invece alle famiglie numerose con più di tre figli con un esborso aggiuntivo pari a 1.917 euro, oltre mille euro per il carrello della spesa (1024 euro).
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