
L’intento sarebbe quello di trovare capitali e nuova linfa per sostenere imprese e famiglie
La tassa sugli extraprofitti delle banche sembra aver creato una sola certezza: il caos. Infatti persino tra chi l’ha proposta non sembra esserci unanimità. Come non sembra esserci nemmeno sul fronte opposto e sugli stessi rappresentanti del settore finanziario. Il provvedimento è stato creato come una tassazione una tantum (è previsto solo e soltanto per il 2023) e tecnicamente è definibile come una windfall tax, cioè una tassa su profitti eccezionali che si sono venuti a creare attraverso eventi anomali. Una tassazione, peraltro, che è stata decisa con delle modalità precise.
Ma cosa sono gli extraprofitti? In poche parole è la differenza tra interessi attivi cioè quanto incassato come guadagno sui prestiti e mutui concessi e passivi ovvero quelli versati alla clientela su conti o altri strumenti finanziari. Una differenza che, visto l’aumento del costo del denaro che è stato fatto pagare alla clientela ma non è stato successivamente restituito sotto forma di interessi passivi, si è trasformato nell’oggetto del contendere.
L’intento sarebbe quello di trovare capitali e nuova linfa (si parla di qualcosa come 2-3 miliardi) per sostenere famiglie in difficoltà e imprese andando a prelevare da quei “margini ingiusti”, come li ha definiti Giorgia Meloni, che gli istituti di credito hanno registrato in seguito al costante aumento del costo del denaro deciso negli ultimi mesi dalle banche centrali (per l’Eurozona, dalla BCE).
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