
Sono i dati resi noti da Unimpresa: in 13 anni i controlli sono stati meno di 100mila (84.155) e hanno consentito di individuare appena 7,2 miliardi euro di tasse non pagate
«Le indagini fiscali sui conti correnti vanno a vuoto. In 13 anni i controlli svolti dall’amministrazione finanziaria sui rapporti bancari dei contribuenti italiani sono stati meno di 100mila (84.155) e hanno consentito di individuare appena 7,2 miliardi euro di tasse non pagate. Dal 2010 al 2022, in media, si tratta di circa 6.500 controlli l’anno, ciascuno dei quali ha portato alla luce una maggiore imposta accertata per 86mila euro».
Lo rileva un documento del centro studi di Unimpresa, secondo il quale, considerando che il valore annuo complessivo dell’evasione fiscale si aggira attorno ai 100 miliardi di euro, le indagini bancarie consentono di accertare, nella migliore delle ipotesi, una quota di gettito nascosto di poco superiore all’1% del totale.
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«Lo Stato, con i controlli sui conti correnti bancari, recentemente rilanciati dai vertici dell’amministrazione finanziaria, non ottiene granché se non il doppio risultato di spaventare i contribuenti e di rendere ancora più complessa la gestione burocratica delle attività d’impresa», commenta la presidente di Unimpresa Giovanna Ferrara.
«I numeri non mentono mai – prosegue Ferrara -. C’è da chiedersi, pertanto, quali vantaggi produca la gigantesca macchina da guerra fiscale messa in piedi più di 10 anni fa che è stata usata a singhiozzo e, nella sua lunga sperimentazione, si è rivelata un clamoroso buco nell’acqua. I numeri dimostrano il fallimento di un’idea sbagliata sin dalle origini».
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