La presenza italiana è passata dal 21,1% del totale nel 2013 al 30,5% nel 2022
Dopo il mito del lavoro domestico prettamente femminile, presto potrebbe essere abbattuto anche un altro tabù, quello del lavoro domestico inteso come settore costituito quasi esclusivamente da lavoratori (in realtà spesso lavoratrici) stranieri.
Ma se il lavoro domestico sta cambiando genere (soprattutto al sud) un cambiamento si intravede anche nell’analisi della nazionalità dei lavoratori domestici. Quelli di nazionalità italiana, infatti, oggi rappresentano oltre il 30% del settore con una leggera predominanza al sud rispetto al nord.
A confermarlo è l’Osservatorio DOMINA, a partire dai dati INPS relativi al 2022, e che analizza le caratteristiche dei 272.583 lavoratori domestici (regolari) di nazionalità italiana.
Dal report si denota un aumento dal 2013, quando i lavoratori domestici italiani erano pari al 21,2% del totale ad oggi, con un aumento progressivo che li ha portati, come detto, a superare il 30% del totale ed arrivare al 30,9% nel 2020. Anche se si è visto un lieve calo nel 2021 (30,1%), per poi crescere nuovamente nel 2022 (30,5%).
Analizzando l’età media dei lavoratori domestici di nazionalità italiana si scopre che è relativamente alta con circa 50,5 anni. Nello specifico si va dai 50,8 delle donne ai 47,9 degli uomini con over 50 che superano il 62,6% nelle donne e il 62,6% tra gli uomini. Gli under 40 sono il 28,3% degli uomini e il 15,5% delle donne.
Anche le mansioni cambiano in base al genere: nel 2022 le badanti donne italiane sono 104.564 (38,4% sul totale dei lavori domestici italiani), mentre i badanti uomini italiani sono 12.745 (4,7%).
Analizzando la realtà geografica, i lavoratori domestici italiani sono presenti per lo più in Sardegna (39.429 ovvero 82,2% dei lavoratori domestici), seguita da Lombardia (33.957) e Lazio (24.243).
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