
Confesercenti: “l’obiettivo programmatico del DEF di una crescita del PIL del +1% per l’anno in corso appare ormai del tutto fuori portata”
«L’economia italiana è entrata in una fase pre-recessiva. Il crollo dei prestiti alle imprese segnalato dal bollettino di settembre di Banca d’Italia, la revisione al ribasso delle stime di crescita da parte della Ue e le stesse stime di Istat sul Pil confermano l’arrivo di un autunno più difficile del previsto. L’economia italiana ha subito una battuta d’arresto, in un contesto di incertezza e rallentamento dell’economia internazionale in cui inflazione alta e politica monetaria restrittiva continuano a pesare e a condizionare negativamente famiglie ed imprese». Questo il quadro delineato da Confesercenti.
Secondo l’associazione la contrazione del Pil nel secondo trimestre è andata al di là delle attese e si accompagna a un accumulo di scorte che rende improbabile un recupero nella seconda parte dell’anno. L’obiettivo programmatico del DEF di una crescita del PIL del +1% per l’anno in corso appare ormai del tutto fuori portata. A pesare è il rallentamento dei consumi fortemente penalizzato dall’erosione del potere d’acquisto provocato dall’inflazione. Nel secondo trimestre l’aumento del deflatore dei consumi è rimasto molto elevato, con un incremento tendenziale del +7,2%. Il valore reale delle retribuzioni unitarie è così diminuito nel trimestre del 4% e del 4,3% nell’arco dei primi sei mesi dell’anno. La lentezza che caratterizza il processo di rientro dell’inflazione e la preoccupante flessione dell’occupazione registrata lo scorso giugno non lasciano intravedere alcun recupero delle retribuzioni reali nella restante parte dell’anno.
«Come più volte sollecitato da Confesercenti, è auspicabile un intervento a largo spettro a favore dei consumi, a partire dalla detassazione delle tredicesime e degli aumenti retributivi concordati dalle parti sociali per il recupero dell’inflazione. Il rischio di un’ulteriore erosione di potere d’acquisto determinato dal drenaggio fiscale non può essere sottovalutato se si vuole riportare l’economia italiana su un sentiero di crescita», ha concluso l’associazione.
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