
Nelle zone rurali il 9% della popolazione non ha alcun collegamento ad una rete fissa
Il primo rapporto sullo stato del Decennio Digitale della Commissione europea vede un 5G ancora indietro rispetto alle aspettative. Infatti per riuscire a garantire la copertura totale nell’Unione servirebbero investimenti per altri 200 miliardi di euro.
Uno dei punti interrogativi, infatti, è rappresentato dalle zone rurali dove oltre la metà della popolazione non riesce ad essere raggiunta (56%) e addirittura il 9% non ha alcun collegamento ad una rete fissa. A differenza di quanto stabiliscono i target fissati dall’Unione per il 2030 e secondo i quali la copertura gigabit dovrebbe essere disponibile in tutte le aree popolate. «Attualmente, le reti in fibra, fondamentali per fornire connettività gigabit, raggiungono solo il 56% delle abitazioni, mentre la copertura 5G si attesta all’81% della popolazione, scendendo al 51% nelle aree rurali».
A questo si dovrebbero aggiungere anche campagna di informazione per la popolazione in cui si illustrano i vantaggi delle nuove tecnologie. Vantaggi che riguardano anche le imprese. Stando, infatti, al Ddpp, il programma politico del decennio digitale, il 75% delle imprese Ue dovrebbe adottare servizi di cloud computing, big data o di intelligenza artificiale e il 90% di quelle piccole e media riuscire ad adottare una serie di sistemi base e diverse tecnologie per la digitalizzazione.
Ma le previsioni descritte nel documento prevedono che senza altri interventi ed investimenti «entro il 2030 solo il 66% delle aziende utilizzerà il cloud, il 34% i big data e il 20% l’intelligenza artificiale. Inoltre, sulla base degli ultimi dati disponibili, solo il 69% delle Pmi dell’Ue raggiunge un livello base di intensità digitale, con progressi disomogenei e insufficienti tra gli Stati membri».
C’è poi il problema delle competenze digitali di base. Se, infatti, l’Italia è ancora indietro rispetto alla media europea, il problema è anche più complesso a livello internazionale. Infatti il rapporto evidenzia che «entro il 2030 e nelle condizioni attuali, solo il 59% della popolazione padroneggerà almeno le competenze digitali di base e il numero di specialisti Ict non potrà superare i 12 milioni. Gli Stati membri devono dare priorità agli investimenti nell’istruzione e nelle competenze di alta qualità».
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