
Emerge da due distinte ricerche circolate in questi giorni che confermano l’ulteriore difficoltà di mantenere il proprio posto al netto dell’insoddisfazione, già ampiamente emersa, per stipendi decisamente bassi
Stressati e insoddisfatti: così i lavoratori italiani, che non ritengono la carriera prioritaria e si trovano a gestire quotidianamente lo stress di un lavoro che probabilmente non gli piace.
Emerge da due distinte ricerche, riportate da Ansa, circolate in questi giorni che confermano l’ulteriore difficoltà di mantenere il proprio posto al netto dell’insoddisfazione, già ampiamente emersa, per stipendi decisamente bassi tanto da spingere il governo ad intervenire, anche se con pochi fondi, per la riduzione delle aliquote fiscali (quella al 25% dovrebbe scendere al livello della prima) e sul troppo ampio cuneo fiscale. In Italia solo tre persone su dieci si dichiarano pienamente soddisfatte della propria posizione lavorativa e circa una su due si sente abbastanza apprezzata e stimata sul posto di lavoro, evidenzia una ricerca firmata Maw, l’agenzia per il lavoro e parte di W-Group, condotta su un campione di oltre 2.600 lavoratori in tutta Italia, che ha l’obiettivo di indagare bisogni, desideri e priorità dei lavoratori italiani in un momento di grandi sfide per il settore, e per fornire alle imprese uno strumento utile ad affrontare l’incremento del mismatching tra domanda e offerta di lavoro.
Gli intervistati, 46% uomini e 50% donne (4% preferisce non dirlo), hanno un’età media di 37 anni, prevalentemente lavorano da almeno 1 anno (88%) e provengono dai settori più svariati (da metalmeccanica, alimentare, servizi, commercio, chimica, gommaplastica, P.a, trasporto e multiservizi). La maggior parte (62%) lavora in aziende con più di 50 dipendenti.
“Dall’analisi emerge che i lavoratori non cercano solo un posto di lavoro, ma qualcosa di più – spiega Federico Vione, ceo di Maw e W-Group – ed è fondamentale per le aziende chiedersi se i propri dipendenti si sentano quindi sufficientemente coinvolti nei processi di crescita aziendale. Leggendo i dati, infatti, prendiamo atto che la carriera viene dopo la vita personale nella scala delle priorità e per quasi la metà del campione non è un aspetto di primaria importanza. I lavoratori coinvolti ci hanno raccontato, poi, l’importanza dell’aspetto salariale, che naturalmente continua ad essere al primo posto quando si cambia lavoro, ma anche del benessere sul luogo di lavoro: più di sei persone su dieci non lasciano i datori di lavoro che sanno valorizzarli e un buon rapporto con i colleghi è determinante nella scelta di non lasciare il proprio posto di lavoro”.
“In Italia, 1 lavoratore su 2 lotta in silenzio contro i problemi di salute mentale. – spiega invece GoodHabitz, la piattaforma internazionale per la formazione aziendale – Il 70% della forza lavoro nel Paese è alle prese con stress e burnout e il 13% dichiara di averli sperimentati in modo (molto) forte“.
Come riferisce Ansa, l’indagine, che ha coinvolto 24mila dipendenti a livello globale e circa 1300 intervistati per lo Stivale, ha fornito una chiara lettura sui vari aspetti che contribuiscono al benessere dei dipendenti, rivelando alcuni interessanti dati e sottolineando una preoccupante lacuna nella comunicazione tra dipendenti e manager in materia di salute psichica: il 70% dei talenti italiani sperimenta stress e burnout (stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale), ma solo il 50% ne discute apertamente con i propri manager.
Quattro dipendenti italiani su cinque vedono una correlazione tra la felicità sul lavoro e l’impatto sul loro benessere generale (80%) più di 7 professionisti su 10 (76%) pensano che lo sviluppo personale potrebbe aumentare la loro felicità sul lavoro. “I dati parlano chiaro: la crisi silenziosa messa in atto dalla metà delle risorse è un fenomeno iper-diffuso a livello culturale su cui non si può chiudere un occhio. Diventa allora essenziale per i manager delle aziende investire nella crescita personale, aiutando ogni risorsa a raggiungere il proprio potenziale e costruendo così un ambiente di lavoro sano e positivo”, commenta Paolo Carnovale, country manager di GoodHabitz.
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(foto SHUTTERSTOCK)