Erano accusati di disastro ambientale e sanitario colposi. La pm Elisa Milocco aveva chiesto una pena di tre anni e mezzo per tutti gli imputati ad eccezione di due
Tutti assolti perché il fatto non sussiste. I 26 imputati nel processo Tirreno Power, tra manager ed ex manager della centrale elettrica di Vado Ligure (Savona), accusati di disastro ambientale e sanitario colposi, sono risultati non colpevoli nell’ultima udienza che si è aperta stamani a Savona.
La sentenza di primo grado, emessa dal giudice Francesco Giannone, era molto attesa dopo quasi cinque anni di processo. L’inizio risale al 31 gennaio 2019, dopo anni di denunce da parte di cittadini e associazioni. Anni caratterizzati dalle molteplici indagini della Procura, dalle battaglie delle associazioni, i cittadini, i lavoratori e le varie testimonianze sfilate in aula da parte di chi si era occupato delle indagini, gli abitanti, i sindaci dell’epoca e tramite i consulenti dell’accusa, delle parti civili e delle difese.
Il processo nasceva da una inchiesta della Procura di Savona che aveva portato nel 2014 al sequestro dei due gruppi a carbone (oggi smantellati). Secondo la Procura dal 2000 al 2007 sarebbero da attribuire alle emissioni della centrale 400 morti. Il pm Elisa Milocco aveva chiesto per quasi tutti gli imputati (ad eccezione di due, di cui uno deceduto) una pena di tre anni e mezzo di reclusione, sostenendo che non fosse sufficiente il rispetto dei limiti di legge per le emissioni ma che sarebbe stato necessario l’impiego, da parte dell’azienda, delle migliori tecnologie disponibili. Tutte contestazioni respinte dalla difesa, con l’azienda che aveva puntualizzato a più riprese durante il procedimento e nelle sue repliche che “i limiti di emissione sono sempre stati rispettati“.
Al processo hanno partecipato come parti civili Ministero della Salute e dell’Ambiente, Accademia Kronos, Codacons, Cittadinanza Attiva, Adoc, Articolo 32, Greenpeace, Medicina Democratica, Legambiente, Uniti per la salute, Wwf e Anpana.
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