A presentare ricorso era stato un lavoratore della vigilanza privata non armata impiegato a Torino che si era rivolto ai magistrati lamentando come la sua retribuzione fosse troppo bassa
Con una sentenza la Corte di Cassazione ha ammesso l’esistenza del “lavoro povero” e fissa il principio secondo il quale il magistrato può individuare un “salario minimo costituzionale“ che “deve essere proiettato” ad assicurare “una vita libera e dignitosa” del lavoratore.
Secondo quanto sostiene la Suprema Corte deve essere l’articolo 36 a regolamentare le retribuzioni, quello che parla di “retribuzione adeguata” e “sufficiente ad assicurare” anche “alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
A presentare ricorso in Cassazione era stato un lavoratore della vigilanza privata non armata impiegato a Torino che si era rivolto ai magistrati lamentando come la sua retribuzione fosse troppo bassa e chiedendo che fosse accertato il suo diritto a percepire un trattamento base non inferiore a quello del Contratto collettivo nazionale dei portieri. In primo grado aveva vinto e la società era stata condannata a pagare 20 anni di differenze retributive. Poi, la Corte d’Appello aveva fatto marcia indietro rinviando ai contratti collettivi di settore. La Cassazione ha ribaltato questa sentenza.
La segretaria del Pd Elly Schlein esulta e dice che si tratta di “un’indicazione che conferma la necessità e l’urgenza di stabilire un salario minimo secondo i principi stabiliti dalla Costituzione”. Mentre i pentastellati in Commissione Lavoro definiscono la sentenza “una pronuncia” decisiva “perché dice a chiare lettere che da sola la contrattazione collettiva non può bastare”.
“Di fronte a questo storico consolidamento giurisprudenziale – osservano – il M5S è convinto che l’ approvazione del salario minimo legale sia un passaggio non più rinviabile” perché “non è più accettabile che nel 2023 si viva in povertà pur lavorando”.
“Con la sentenza che conferma la necessità di un salario minimo legale – incalza il leader di Azione Carlo Calenda – la Cassazione è arrivata dove finora il Governo ha temporeggiato”. Ora “basta ritardi – è il suo appello – dimostriamo che anche la politica sa riconoscere che il diritto a uno stipendio dignitoso è garantito dalla Costituzione”.
Ma il coro delle opposizioni in favore della decisione dei magistrati di Piazza Cavour è unanime. Anche il vice capogruppo di AVS alla Camera, Marco Grimaldi, esprime soddisfazione e attacca il Governo osservando come “ora non possa più far finta di niente”. “Per stabilire un giusto salario”, afferma, la contrattazione collettiva, invocata da Giorgia Meloni per respingere la proposta del salario minimo, “non basta”. Ma, d’ora in poi, si potrà fare riferimento “a indicatori economici e statistici”, come il paniere Istat, e alla Direttiva europea (2022/2041) secondo la quale “il salario non deve solo consentire di uscire dalla povertà, ma anche di ‘partecipare ad attività culturali, educative e sociali'”.
“È sacrosanto”, interviene il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia, che “il rifermento di base, per un salario, sia la contrattazione nazionale di categoria e i contratti collettivi di settori affini”, ma questi riferimenti “non possono mai comprimere il giusto livello salariale”.
A questo punto, è l’ invito delle opposizioni che hanno depositato in Parlamento una proposta di legge unitaria per un minimo di 9 euro lordi l’ora, governo e maggioranza “non possono più nascondersi: “Basta con le meline, si affronti il tema in Parlamento e si voti una legge di civiltà”.
“Nelle prossime settimane – assicura il dem Marco Sarracino – torneremo in Aula alla Camera per vedere chi è d’accordo con la maggioranza del Paese che vuole il salario minimo e chi invece continua a nascondere la questione”.
A rispondere per il governo è il ministro del Lavoro Elvira Calderone secondo la quale “bisogna tenere conto dei giudici quando dicono che la contrattazione da sola non basta”, ma “questo – assicura – è il lavoro che farà il Cnel”.
(foto IMAGOECONOMICA)