
Meloni ieri ha ricevuto da Brunetto il documento contenente gli esiti dell’istruttoria sul lavoro povero e il salario minimo approvato dal Cnel
«Un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni». Questo in sintesi il pensiero di Giorgia Meloni dopo aver ricevuto ieri a palazzo Chigi il presidente del Cnel, Renato Brunetta, che le ha consegnato il documento contenente gli esiti dell’istruttoria sul lavoro povero e il salario minimo.
Il testo, composto da una prima parte di inquadramento e analisi e da una seconda contenente osservazioni conclusive e proposte, come sappiamo è stato approvato ieri in via definitiva dall’Assemblea del Cnel con 39 sì.
Ebbene, dopo aver ringraziato Brunetta per il “lavoro svolto”, la Presidente è stata molto chiara nelle sue posizioni. «Dall’analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. La contrattazione collettiva, al netto dei comparti del lavoro agricolo e domestico, copre infatti oltre il 95% dei lavoratori del settore privato. Da ciò si evince che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni. Come sottolineato dal Cnel, occorre piuttosto programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici. E’ la strada che il Governo intende intraprendere nel minor tempo possibile, tenendo in massimo conto le indicazioni e i suggerimenti formulati nel documento dalle rappresentanze delle forze sociali presenti nel Cnel e di quelli che arriveranno dall’opposizione. È intenzione del Governo proseguire nel contrasto al lavoro povero e ai salari bassi che affliggono l’Italia ormai da diversi decenni, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Europa, dove si è assistito a una crescita sostenuta e costante dei livelli salariali».
Il documento finale sarà ora consegnato al governo in vista del 17 ottobre, quando dovrebbe tornare in aula alla Camera la proposta di legge unitaria delle opposizioni (tranne Italia viva) che fissa un tetto di 9 euro lordi all’ora sotto i quali nemmeno i contratti nazionali possono scendere.
FOTO: ANSA/US PALAZZO CHIGI FILIPPO ATTILI