L’agenzia di rating scrive che “l’outlook stabile bilancia la nostra visione di un consolidamento di bilancio più lento di quanto precedentemente previsto”
S&P ha confermato il rating sull’Italia a BBB, l’outlook è stabile. Lo si legge in una nota. «L’outlook stabile bilancia la nostra visione di un consolidamento di bilancio più lento di quanto precedentemente previsto, anche a causa dell’aumento dei pagamenti di interessi sul debito pubblico, con il significativo stimolo economico che i fondi Ue dovrebbero fornire», si legge nella nota.
L’agenzia spiega che potrebbe abbassare il rating nel caso in cui “la traiettoria di bilancio del governo si discostasse significativamente dai suoi obiettivi. Anche un’attuazione solo parziale delle riforme strutturali economiche e di bilancio, in particolare quelle legate all’erogazione dei fondi Ue, porrebbe rischi per la crescita economica e le finanze pubbliche, e di conseguenza eserciterebbe una pressione al ribasso sul rating“.
Al contrario, evidenzia S&P, il giudizio potrebbe migliorare “se la performance di bilancio migliorasse, ad esempio grazie all’attuazione di politiche di riduzione del deficit o a una crescita economica piu’ forte del previsto, portando a un calo del debito pubblico in percentuale del Pil”.
S&P stima che il Pil italiano nel 2023 rallentera’ allo 0,9%, leggermente al di sopra dell’obiettivo del governo dello 0,8%. Le misure di sostegno del governo (1,2% del Pil) compenseranno solo parzialmente l’impatto dell’inflazione sui consumi privati. Nuove restrizioni all’incentivo fiscale “Superbonus” sulle ristrutturazioni interesseranno il settore delle costruzioni. Secondo l’agenzia di rating, il Pil nel 2024 si attestara’ al +0,7% a causa di condizioni di finanziamento più restrittive, aumento del risparmio privato e prospettive di crescita piu’ cupe in Europa che contribuiranno a un calo delle esportazioni nette.
Entro il 2025, il Pil dovrebbe recuperare al di sopra dell’1%, trainato da maggiori consumi dovuti alla disinflazione, dai progetti finanziati da Ngeu, dai benefici derivanti dall’aspettativa che l’impatto della politica monetaria diventi neutrale e ipotizzando una performance resiliente del mercato del lavoro.
Fondamentale per arrivare al +1,3% di Pil nel 2025 è l’accelerazione nell’erogazione dei fondi del Pnrr, che, spiega S&P, “probabilmente si estenderanno oltre il 2026. Dopo mesi di negoziati, l’Ue ha erogato la quasi totalità della terza tranche attesa da tempo (18,5 miliardi di euro). E’ probabile che il processo sarà più rapido per la prossima fase, poiché l’Ue ha già approvato gli obiettivi modificati dell’Italia”.
Tuttavia, spiega l’agenzia, “l’attuazione dei progetti è lenta, con solo il 22% dei fondi disponibili eseguiti entro la fine del 2022 secondo le nostre stime. Ciò non è specifico dell’Italia e deriva dalla capacità amministrativa, dalla recessione economica e dalla complessità degli stessi progetti, che puntano a obiettivi climatici, digitali e di coesione sociale. A nostro avviso, questi bassi tassi di implementazione potrebbero indurre a una proroga della scadenza per l’Italia e altri paesi, e l’Ue potrebbe essere propensa a un certo grado di flessibilità purché i paesi siano in linea con gli obiettivi del programma”.
Riforme e attuazione del Pnrr sono necessarie per la crescita dell’Italia, dice S&P, spiegando che anche se il governo utilizzasse solo la metà dei fondi del Pnrr ci sarebbe un 2% in più di crescita entro il 2027. L’impatto di Ngeu sulla crescita economica “arriverà con un certo ritardo, ma sara’ comunque positivo. I fondi Ngeu, per un totale di 191,5 miliardi di euro (9% del Pil), compreso il 36% delle sovvenzioni a fondo perduto, sostengono circa l’80% del Pnrr italiano, il resto e’ coperto da risorse nazionali e fondi Ue minori. E’ probabile che gli investimenti e l’esecuzione subiscano un’accelerazione più tardi di quanto inizialmente previsto, nel periodo 2024-2025. Insieme alle riforme strutturali, comprese quelle del sistema giudiziario, aumenteranno le prospettive di crescita del paese. Considerata l’entità del piano, calcoliamo che anche la meta’ dei fondi disponibili nell’ambito dello strumento Ngeu stimolerebbe la crescita di 2 punti percentuali entro il 2027”.
S&P stima un deficit/Pil per l’Italia nel 2023 pari al 5,5%. “Ciò riflette in parte una spesa aggiuntiva pari allo 0,8% del Pil derivante dalla contabilizzazione dell’incentivo fiscale del Superbonus”, si legge nella nota. A settembre, il governo ha corretto la “proposta originaria di imporre un’imposta sulle entrate sul reddito netto delle banche (cd extra-profitti, ndr). Nonostante ciò, le entrate pubbliche hanno continuato a registrare risultati relativamente buoni”. Il risanamento del bilancio “sarà più lento del previsto. Le prospettive di crescita più cupe nel 2024, le pressioni per fornire misure anticicliche e l’aumento degli interessi e della spesa pensionistica porteranno a un deficit del 4,7% del Pil nel 2024, rispetto all’obiettivo del governo del 4,3% del Pil. A nostro avviso, l’esecuzione del bilancio 2024 sarà importante per valutare l’impegno del governo nei confronti della prudenza fiscale e della direzione della politica. Ciò è particolarmente rilevante in considerazione del recente aumento dell’obiettivo di bilancio per il 2024 al 4,3% del PIL rispetto al 3,7% precedente. E’ importante sottolineare che, nonostante l’ampliamento dell’obiettivo di deficit del 2024, il saldo primario dell’Italia dovrebbe essere quasi in pareggio”.
Il rating è un indicatore di affidabilità che viene espresso sulla base di un calcolo o una valutazione circa la capacità di un soggetto nell’adempiere un’obbligazione finanziaria. Esistono essenzialmente due tipologie di rating:
Rating interno: è rappresentato dalle procedure che la banca mette in atto per attribuire un valore di rating bancario – rischio creditizio ad un determinato cliente, impresa, ente o su un insieme omogeneo di creditori -. In genere è basato su un modello matematico-quantitativo con il quale si calcola il requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito. Anche le banche sono soggette a questo esame che serve per valutare la solidità dell’istituto, in relazione al rischio di insoluti presente sul monte degli impieghi verso la clientela;
Rating esterno: è basato su una metodologia qualitativa, ossia una procedura di valutazione effettuata da esperti, che analizzano le caratteristiche economico finanziaria della società o ente in analisi, il bilancio, la reddittività aziendale, la remunerazione del capitale impiegato, i flussi di cassa, ma anche parametri qualitativi come l’affidabilità nel tempo, le capacità del management, la credibilità dei progetti e degli obiettivi che la società si pone. Il tutto poi andrà rapportato al mercato in cui l’azienda opera, in relazione alla situazione corrente e alle previsioni di sviluppo a breve, medio e lungo termine.
Le agenzie di rating esprimono le loro valutazioni attraverso l’assegnazione di valori che sono rappresentati attraverso una scala alfabetica composta da tre lettere. In genere le quotazioni riportate dai media sono quelle relative al lungo termine e vengono espresse secondo una tabella di rating che presenta una graduatoria rating – rischio che va riportata su una scala dove all’apice si trova l’attributo Prime, a cui corrisponde il massimo grado di affidabilità, per decrescere nel valore fino all’attributo Default, dove si verifica la perdita del capitale espressa su scale da AAA a C.