
Oggi la sfida più grande è la riforma del Patto di stabilità in un contesto piuttosto sfidande per l’Unione europea tra guerre e Covid
Compie 30 anni il Trattato di Maastricht che oggi si trova ad affrontare la grande sfida della riforma del Patto di stabilità e crescita, vitale per il futuro economico della stessa Unione, segnata dalle ferite lasciate prima dalle crisi del debito sovrano e poi, negli ultimi tre anni, da eventi che hanno scosso e stanno scuotendo tutt’ora interi popoli: la pandemia, la guerra in Ucraina fino al recente sanguinoso conflitto fra Israele e Hamas.
Il trattato istituisce una cittadinanza europea, rafforza i poteri del Parlamento europeo e vara l’unione economica e monetaria (UEM). Inoltre, la CEE diventa Comunità europea (CE). Firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, è entrato in vigore il 1º novembre 1993. Il trattato di Maastricht ha modificato i precedenti trattati europei e ha creato un’Unione europea fondata su tre pilastri: le Comunità europee, la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la cooperazione in materia di giustizia e affari interni (GAI).
Per l’Italia la firma era quella di Cossiga, allora ancora Presidente della Repubblica. La parte politica/attuativa del Trattato era stata invece firmata dal ministro dell’Economia Guido Carli e dal ministro degli Esteri De Michelis.
Il Trattato è nel solco dell’euforia innescata dalla caduta del muro di Berlino ma la verità è che non si è mai veramente realizzato, ostacolato da un’integrazione europea a più velocità, da una sovranità nazionale che spesso viene fuori, e dal ciclico soffiare dei venti dell’euroscetticismo.
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