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Politica

Bce: il 40% delle aziende vuole delocalizzare dalla Cina

Giulia Guidi
6 Novembre 2023
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La pandemia e la guerra in Ucraina hanno evidenziato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali, portando le aziende a rivalutare dove producono e procurano materie prime Il 40% delle […]

La pandemia e la guerra in Ucraina hanno evidenziato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali, portando le aziende a rivalutare dove producono e procurano materie prime

Il 40% delle grandi aziende presenti nell’area euro prevede nel medio termine di delocalizzare le proprie forniture verso paesi amici, per ridurre la propria dipendenza dalla Cina. Lo rivela un sondaggio pubblicato oggi dalla Bce che rileva «un cambiamento nelle priorità delle aziende, che ora tengono conto non solo della riduzione dei costi o del miglioramento dell’efficienza, ma anche della resilienza nelle loro decisioni».

RESTA AGGIORNATO SUI RAPPORTI UE CINA

La pandemia e la guerra in Ucraina hanno evidenziato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali, portando le aziende a rivalutare dove producono e procurano materie prime.

La Cina, le cui relazioni con l’Ue e gli Stati Uniti sono diventate più tese, preoccupa particolarmente i vertici delle aziende. Il sondaggio identifica la Cina come «la fonte dominante di materie prime critiche e anche il paese più frequentemente menzionato in termini di rischi percepiti».

Appena qualche giorno fa, la Cina ha rafforzato i controlli sulle esportazioni di alcune categorie di grafite, un materiale chiave nelle batterie dei veicoli elettrici, con una mossa che «salvaguarderebbe la sicurezza e gli interessi nazionali».

Alcuni tipi di grafite ritenuti altamente sensibili saranno soggetti ai cosiddetti controlli sulle esportazioni di “articoli a duplice uso” dal 1° dicembre, ha affermato venerdì in una nota il Ministero del Commercio, secondo quanto riporta Bloomberg. Il duplice uso si riferisce ad applicazioni che includono il settore militare.

L’ordine di Pechino arriva pochi giorni dopo che l’amministrazione Biden ha intensificato gli sforzi per tenere i chip avanzati fuori dalla Cina, una campagna che include la limitazione della vendita di processori progettati specificamente per il mercato cinese. Secondo una recente intervista – ricorda Bloomberg – l’ambasciatore americano in Cina Nicholas Burns ha affermato che le misure sono necessarie per colmare le lacune. 

Leggi Usa-Cina, sale la tensione “tecnologica”. Biden prepara altre restrizioni su chip

Anche se se ne parla poco, il 2023 sarà il primo anno in cui la produzione di batterie per auto elettriche convoglierà verso di sé più della metà del totale della grafite prodotta nel mondo. Finora l’uso della grafite è stato legato prevalentemente all’industria siderurgica. Ma le vendite di veicoli elettrici dovrebbero più che triplicare tra il 2022 e il 2030, raggiungendo i 35 milioni di auto all’anno, in base alle previsioni di BMO Capital Markets.

Come riporta Insideev, la carenza di grafite è destinata ad aumentare nei prossimi anni, con un deficit di fornitura globale di 777.000 tonnellate entro il 2030. Per soddisfare la domanda, entro il 2030 saranno necessari circa 12 miliardi di dollari di investimenti in grafite e 97 nuove miniere entro il 2035, come ha dichiarato Benchmark Mineral Intelligence (BMI) in un rapporto.

(foto SHUTTERSTOCK)

  • UE
  • cina

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