
Sono sempre di più al giorno d’oggi le realtà che puntano sulle politiche di welfare aziendale per la soddisfazione dei dipendenti, contribuendo allo stesso tempo alla crescita dell’organizzazione
Al giorno d’oggi, per i dipendenti di un’azienda, è fondamentale trovare un equilibrio tra la vita privata e quella professionale. Proprio per questo, si sta diffondendo sempre di più il concetto di “work-life balance”, che si basa proprio sulla possibilità di conciliare gli impegni di lavoro e quelli personali. Questo obiettivo, però, non è di primario interesse solo per i lavoratori, che vogliono raggiungere obiettivi professionali senza trascurare la famiglia e il proprio benessere psicofisico, ma anche per le imprese, che hanno intenzione di puntare sul “wellbeing” dei dipendenti al fine di aumentare la produttività e trattenere i talenti migliori. Pertanto, sono sempre di più al giorno d’oggi le realtà che puntano sulle politiche di welfare aziendale per la soddisfazione dei dipendenti, contribuendo allo stesso tempo alla crescita dell’organizzazione.
Banca ore
Quando si parla di banca ore si fa riferimento a un particolare strumento che permette ai dipendenti di accantonare in un conto individuale le proprie ore di lavoro straordinario svolte durante l’anno e trasformarle in permessi retribuiti.
Questa è normalmente prevista dalla maggior parte dei Contratti collettivi nazionali e in effetti ha un riferimento normativo nella Legge n. 1997 del 196 la quale regolamenta i criteri stabiliti dalla Direttiva CRR n. 93/104 per quanto concerne l’orario di lavoro ordinario e straordinario. Pertanto, la banca ore ha come fonte di riferimento principale il Contratto collettivo nazionale di categoria, oppure la contrattazione di secondo livello o, infine, il contratto individuale di lavoro di ciascun dipendente.
Normalmente la banca ore viene proposta come una alternativa al pagamento in busta paga dello straordinario evitando così la tassazione di ciò che si è maturato. Infine, lo strumento in esame è ormai considerato come un valido elemento di welfare aziendale poiché offre ai lavoratori una maggiore flessibilità e permette così di migliorare il work life balance.
Lo smart working
Tra i sistemi più utilizzati per favorire la conciliazione tra la vita familiare e il lavoro c’è il lavoro smart. Questa modalità di impiego, infatti, consente ai dipendenti di risparmiare tempo prezioso per raggiungere la sede dell’azienda o il proprio ufficio, specialmente se si trova molto lontano dall’abitazione. In questo modo, i lavoratori possono organizzare in maniera più flessibile le proprie giornate lavorative, includendo anche gli impegni personali. Ad esempio, un lavoratore in smart working può portare suo figlio a scuola prima di iniziare a lavorare, oppure può dedicare un po’ di tempo all’attività fisica, ecc. Ad ogni modo, è bene sottolineare che senza una regolamentazione adeguata si rischia di ottenere l’effetto contrario, ovvero rendere il lavoro l’elemento principale della giornata di un lavoratore. Pertanto, il datore di lavoro e il dipendente devono trovare un accordo sul numero di ore da poter svolgere fuori dall’ufficio e sugli obiettivi da raggiungere entro un periodo prestabilito. Inoltre, per l’azienda è fondamentale adeguare i servizi di welfare alle nuove esigenze delle persone, ad esempio sostituendo i buoni benzina con il servizio di babysitter, oppure prevedendo dei buoni pasto invece della mensa aziendale, o mettendo a disposizione delle polizze sanitarie o servizi assistenziali. D’altro canto, anche i lavoratori hanno l’onere di predisporre una postazione adeguata al lavoro all’interno delle mura domestiche, dove svolgere il proprio incarico senza distrazioni.
Flexible benefit
Quando si parla di welfare aziendale è doveroso fare un breve cenno anche ai flexible benefit. Si tratta, in poche parole, di strumenti che un’azienda può prevedere in favore dei propri lavoratori al fine di garantire loro un maggior benessere. Si tratta, più precisamente, di beni o servizi che un’azienda decide di mettere a disposizione dei propri collaboratori, oltre ovviamente alla normale retribuzione. Il loro scopo è quello di aumentare il potere d’acquisto del lavoratore, il quale può acquistare determinati beni o usufruire di alcuni servizi senza intaccare la propria retribuzione.
Anche in questo caso si tratta di un ottimo modo per favorire non solo il bilanciamento tra vita privata e lavoro ma anche l’employer branding (ovvero creare un luogo di lavoro in cui tutti vorrebbero lavorare). Grazie a questi benefit i dipendenti hanno un budget da spendere in beni e servizi come, ad esempio, corsi di lingua straniera, forme di previdenza complementare, accesso al cinema, vacanze in luoghi di cultura e molto altro ancora.
Tutto questo significa che l’azienda prende sul serio i bisogni dei propri lavoratori aiutando gli stessi a sostenere la loro famiglia e, conseguentemente, a migliorarne la qualità di vita. Infine, per quanto riguarda il funzionamento, usarli è piuttosto semplice. Ogni dipendente può scegliere, in base all’importo erogato dall’azienda, i flexible benefit più adatti alle proprie esigenze, che possono essergli concessi mediante erogazione diretta oppure mediante rimborso del prezzo pagato per acquistare il bene o il servizio.
(foto SHUTTERSTOCK)