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Lavoro

Ocse, l’allarme di Inapp: “salari in Italia al palo”

Maria Lucia Panucci
14 Dicembre 2023
Ocse, l’allarme di Inapp: “salari in Italia al palo”
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Tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono rimasti sostanzialmente al palo con una crescita dell’1% a fronte del 32,5% in media registrato nell’area Ocse Tra […]

Tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono rimasti sostanzialmente al palo con una crescita dell’1% a fronte del 32,5% in media registrato nell’area Ocse

Tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono rimasti sostanzialmente al palo con una crescita dell’1% a fronte del 32,5% in media registrato nell’area Ocse. A dirlo è il Rapporto Inapp presentato oggi secondo il quale il dato è legato anche alla bassa produttività del lavoro, cresciuta comunque più delle retribuzioni.

Nella distribuzione del reddito si vede una caduta crescente della quota dei salari sul Pil e una crescente quota dei profitti (ormai stabilizzata su valori rispettivamente del 40% e del 60%).

«Non è un caso che questi dati partano dal 1991, visto che è proprio dal 1992 che è stata abolita la scala mobile. Inoltre, in questi ultimi anni la situazione è addirittura peggiorata. I salari reali non solo sono rimasti al palo ma sono diminuiti, non essendo stati adeguati al costo della vita decollato per colpa dell’inflazione alle stelle – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. – Il sistema di adeguare le paghe all’atto dei rinnovi contrattuali richiede una profonda riforma, visto che il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto diventa secolare non appena scoppia una crisi economica come accaduto dal 2009. Anche ora, comunque, secondo gli ultimi dati Istat il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, per quanto in calo, è ancora pari a 29,1 mesi, ossia quasi due anni e mezzo. Per questo urge una legge che preveda, in caso di mancato rinnovo dei contratti oltre i due anni, che scatti in automatico il ripristino della scala mobile all’inflazione programmata, magari solo per chi ha un reddito inferiore a 35 mila euro, così da evitare il rischio di una spirale salari – inflazione».

L’Ocse ieri nel Rapporto Pensions at a glance spiega che chi inizia a lavorare ora in Italia andrà in pensione a 71 anni, l’età più alta tra paesi Ocse dopo la Danimarca. Il dato è legato all’aspettativa di vita. «Per chi entra ora nel mercato del lavoro – si legge – l’età pensionabile normale raggiungerebbe i 70 anni nel Paesi Bassi e Svezia, 71 anni in Estonia e Italia e anche 74 anni in Danimarca. Nel 2023, “l’età pensionabile legale in Italia è di 67 anni, in forte aumento dopo le riforme attuate durante la crisi finanziaria globale. Ma l’Italia “garantisce un ampio accesso al pensionamento anticipato, spesso senza una penalità».

FOTO: SHUTTERSTOCK

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