
Shein presenta in Cina il progetto per quotarsi in Borsa negli Stati Uniti
Shein vuole a tutti i costi approdare alla Borsa di New York quest’anno e per farlo sta cercando di ottenere il consenso di Pechino, presentando il progetto di quotazione. E’ quanto dichiarano due fonti a conoscenza della questione.
Il colosso della moda cinese ha presentato in via confidenziale la richiesta di quotazione in borsa negli Stati Uniti a novembre e potrebbe lanciare la sua nuova vendita di azioni nel 2024. ma per farlo ha bisogno dell’ok da parte del suo Paese d’origine.
La decisione di quotarsi in borsa negli Stati Uniti arriva però in un momento non molto positivo, visto che il mercato delle offerte pubbliche iniziali fatica a riprendersi dopo una serie di debutti poco brillanti sul mercato azionario. Negli ultimi mesi ci sono state quattro importanti IPO e tre di queste hanno deluso gli investitori. Le azioni del produttore tedesco di sandali Birkenstock, dell’app di consegna di generi alimentari Instacart e del designer di chip Arm Holdings sono scese al di sotto dei prezzi IPO nei giorni successivi al debutto.
Fondata dall’imprenditore cinese Chris Xu nel 2012, Shein da allora è cresciuta fino a diventare un mercato globale della moda, servendo clienti in più di 150 paesi e impiegando più di 11.000 persone, secondo il suo sito web. Sfornando migliaia di nuovi design al giorno, ha un modello di vendita diretta che si rivolge ai suoi milioni di follower sui social media e fa un uso massiccio di influencer e codici sconto.
Shein produce abbigliamento in Cina per venderlo online negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. Non possiede né gestisce alcun impianto di produzione e collabora invece con circa 5.400 produttori a contratto di terze parti.
Shein ha avuto una crescita vertiginosa negli ultimi anni dopo aver conquistato i consumatori di tutto il mondo con i suoi design alla moda, l’assortimento infinito e i prezzi stracciati. Ma ha dovuto affrontare anche una serie di sfide lungo il percorso e affrontare accuse di utilizzo del lavoro forzato nella sua catena di fornitura , di violazione delle leggi sul lavoro, di danni all’ambiente e di furto di progetti di artisti indipendenti.
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