
Nel lanciare una squadra di audit sul tema, l’autorità ha osservato che le economie globali hanno adottato politiche nazionali per il settore, con investimenti e incentivi
La carenza di microchip, esplosa durante la pandemia, ha causato un crollo della produzione di auto europee del 33%. Un altro settore colpito è quello della tecnologia medica. La crisi di approvvigionamento di semiconduttori, che non sembra attenuarsi, sta spingendo i Paesi a cercare nuove strategie, anche in ottica di transizione verde.
La situazione non è semplice: nell’arco degli ultimi 20 anni, la quota mondiale di capacità produttiva detenuta dall’Unione Europea per tutti i tipi di microchip è drasticamente diminuita, passando dal 24% nel 2000 al solo 9% nel 2020. L’UE è stata superata da Taiwan, Corea del Sud, Cina, Giappone e Stati Uniti, mettendo a rischio la sua indipendenza strategica.
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Per valutare l’adeguatezza delle azioni europee per riconquistare una posizione competitiva in questo settore, la Corte dei Conti Ue ha istituito una squadra di audit che lavorerà a un rapporto da pubblicare entro un anno.
Nel contesto della valutazione delle politiche dell’UE sui semiconduttori, la Corte dei Conti europea osserva che le economie globali hanno principalmente adottato politiche nazionali per il settore dei microchip, implementando significativi pacchetti di investimenti o altri incentivi.
Ad esempio, la Corea del Sud ha un programma del valore di circa 420 miliardi di euro entro il 2030, gli Stati Uniti hanno stanziato 260 miliardi di euro per i prossimi dieci anni con il “CHIPS and Science Act”, mentre la Cina ha investito 185 miliardi di euro nell’ambito della strategia “Made in China 2025” per il periodo 2015-2025.
Questo contesto è fondamentale per comprendere il regolamento europeo sui chip (“Chip Act”) proposto dalla Commissione europea nel febbraio 2023. Tale regolamento, in linea con l’obiettivo della “bussola per il digitale 2030”, mira a raddoppiare la quota mondiale di produzione di chip avanzati e sostenibili detenuta dall’Unione, portandola almeno al 20% entro il 2030. Entrato in vigore l’18 settembre scorso, il regolamento si propone di mobilitare 43 miliardi di investimenti strategici pubblici e privati entro il 2030. Ora è necessario valutare la sua implementazione e impatto.
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