
Il Presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni, ci ha spiegato le difficoltà che sta vivendo il settore, ormai da qualche tempo. Ed annuncia: “servono misure mirate per sostenere il retail”
Caro vita, e-commerce, globalizzazione: i negozi fisici di abbigliamento ed accessori si trovano ad affrontare tante sfide e non sempre riescono a superarle. Abbiamo intervistato il Presidente di Federmoda-Confcommercio, Giulio Felloni, che ci ha spiegato le difficoltà che sta vivendo il settore, come ripartire e su cosa puntare per rilanciare il comparto.
I saldi sono partiti da pochi giorni ed già è rischio flop con vendite in calo. Perché? A cosa attribuite questo calo? Ve lo aspettavate?
«Premesso che le stime dell’Ufficio Studi evidenziano una tenuta della propensione al consumo degli italiani dopo un anno complesso, i saldi rappresentano sempre un volano di vendite, coinvolgendo quasi 16 milioni di famiglie per un volume d’affari di 4,8 miliardi di euro, per una spesa di 306 euro a famiglia e di 137 euro a persona. L’avvio dei saldi è però stato rallentato dalle piogge dei primi giorni. Dal monitoraggio sulle imprese associate a Federazione Moda Italia-Confcommercio che hanno risposto al questionario sull’andamento della prima settimana, infatti, le vendite avevano registrato una flessione del 8% con la maggioranza delle imprese (il 55%) che ha rilevato un calo a fronte di un 24% stabile, mentre solo il 21% ha dichiarato un incremento rispetto allo stesso periodo del 2023. Nell’ultima settimana, grazie anche al tempo bello, si è registrato un importante recupero del 3% che non è ancora bastato per pareggiare il calo. Si tratta comunque di un dato ancora parziale in quanto i saldi sono appena iniziati e durano generalmente circa sessanta giorni».
E’ indubbio che il comparto moda-abbigliamento è in sofferenza. Quali sono gli ultimi dati in vostro possesso sul rapporto chiusure-aperture?
«La sofferenza del comparto moda è evidente a tutti quei cittadini che, passeggiando, si accorgono che alcuni negozi presenti nei centri, nelle vie e piazze delle proprie città e paesi hanno abbassato le saracinesche. In attesa di vedere i dati di chiusura del 2023, possiamo dire che, tra il 2022 e il 2021, in Italia abbiamo registrato un saldo negativo di negozi di moda di 4.112 unità. Siamo passati, infatti, da 177.822 punti vendita a 173.710 che occupano 301mila addetti. Una perdita che non fa rumore, ma coinvolge oltre 10mila famiglie che sono rimaste senza lavoro. Una perdita che non riguarda solo il tessuto commerciale, ma anche il tessuto urbano e tutta la collettività perché vien meno una componente essenziale per le relazioni sociali, il servizio alle persone, l’illuminazione, la sicurezza, il decoro ed anche il valore immobiliare delle zone in cui erano insediate quelle attività che non vedremo più».
Perché secondo lei i negozi fisici sono in crisi? Colpa solo del boom del commercio elettronico?
«Il discorso è più complesso di quanto si possa immaginare. Un po’ presto per parlare di crisi, ma è sicuramente un momento di difficoltà. Esiste sicuramente un problema di globalizzazione, di cambiamenti repentini del mercato, di difficoltà post-covid. Poi ci sono fattori esogeni che acuiscono le difficoltà del settore come una tassazione troppo elevata, i costi del personale e di affitto dei locali, oltre alla concorrenza, spesso peraltro degli stessi fornitori sul web e nei Factory Outlet Center. Ed è chiaro che il retail della moda dovrà trovare la forza di sapersi rinnovare nei rapporti interni con le ristrutturazioni dei locali ed organizzative e nelle scelte dei prodotti e nei rapporti esterni con i consumatori e i fornitori. Ma la moda e il Made in Italy rappresentano un patrimonio per il nostro Paese che va tutelato e rilanciato perché – come diceva Coco Chanel – la moda passa, lo stile resta. E noi italiani siamo maestri di stile nel mondo».
Come si esce secondo lei da questa situazione? Serve un intervento del Governo?
«Le continue campagne di sconti selvaggi lungo tutto l’anno dovranno essere oggetto di una seria regolamentazione. Siamo sempre più convinti che le Istituzioni dovranno sostenere la presenza dei negozi di moda all’interno delle nostre città e che la via della ripresa potrà passare lungo tre direttrici che abbiamo indicato al Tavolo della Moda presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy: un’IVA agevolata sui prodotti di moda e in particolare su quelli Made in Italy, un bonus moda per l’acquisto di prodotti ecosostenibili e un canone di locazione commerciale concordato tra locatori e conduttori per ridurre il peso degli affitti».
Come sarà secondo lei lo shopping del futuro? E come dovranno adeguarsi le imprese per sopravvivere?
«Lo shopping del futuro sarà sempre più emozionale ed omnichannel. Le imprese dovranno essere capaci di cogliere le opportunità e le nuove sfide senza perdere il proprio Dna e con un occhio rivolto al cliente e l’altro al fornitore. Saper intercettare le mode e spesso anche anticiparle fa parte del nostro mestiere. Le imprese dovranno innovarsi nella tradizione e i consumatori dovranno pensare al vero valore del negozio fisico e non solo lasciarsi attrarre da apparentemente facili acquisti. Il fashion retail si conferma una componente essenziale per il valore e la vitalità di vie, piazze e centri storici e contribuisce alla crescita del Pil e dell’occupazione in Italia. La moda ha poi contribuito in maniera determinante alla discesa ed al contenimento dell’inflazione. Per dare qualche dato, basti pensare che nel 2022 l’inflazione era all’8,1% con prezzi di abbigliamento e calzature fermi all’1,9%. Ed anche nel 2023 con un’inflazione al 5,7% i prezzi di prodotti di moda sono cresciuti con un tasso quasi dimezzato (3%). E tutto questo a tutela delle imprese sul territorio e delle migliaia di lavoratori collaboratori e addetti che ci lavorano».
Possiamo dare qualche consiglio utile per un acquisto sicuro, in tempi di saldi ma anche in generale?
«Il primo consiglio è di acquistare sempre ciò che piace e lasciarsi anche consigliare l’outfit giusto da chi è del mestiere. Come Federazione Moda Italia-Confcommercio ricordiamo alcuni principi di base per il corretto acquisto degli articoli in saldo: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (Art. 129 e ss. D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato (art. 135 bis del D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo). Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto. Per gli acquisti online i cambi o la rescissione del contratto sono sempre consentiti entro 14 giorni dalla ricezione del prodotto indipendentemente dalla presenza di difetti, fatta eccezione per i prodotti su misura o personalizzati (artt. 52 e ss. del D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo). Sulla prova dei capi: non c’è obbligo. E’ rimesso alla discrezionalità del negoziante. Sul fronte pagamenti le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless. I capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. C’è l’obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e, generalmente, il prezzo finale. In tutto il periodo dei saldi il prezzo iniziale sarà il prezzo più basso applicato alla generalità dei consumatori nei 30 giorni antecedenti l’inizio dei saldi (Art. 17 bis D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo introdotto dal D.Lgs. n. 26/2023 di recepimento della Direttiva UE «Omnibus»)».
Insomma l’industria della moda non sta vivendo un momento facile. Il caro-vita sta spingendo molti italiani a tagliare le spese, perfino quelle di beni ritenuti primari. Per risparmiare si fa una selezione dei prodotti da mettere nel carrello o si compra in base alle offerte. Ma le prime a rimetterci sono le aziende di abbigliamento e accessori perché le persone molto spesso negli ultimi tempi rinunciano a rinnovare il guardaroba o comprano il minimo, solo quello che serve. Le imprese di settore per andare avanti possono rimanere al passo con i tempi, capire le esigenze dei consumatori che stanno mutando e rinnovarsi continuamente. Per il resto si può solo aspettare che arrivino tempi (economici) migliori.
FOTO: UFFICIO STAMPA