La pratica, controversa, potrebbe mettere a rischio interi habitat
Secondo quanto affermato dall’autorità di regolamentazione delle Nazioni Unite l’estrazione mineraria in acque profonde “sembra essere inevitabile”. Potrebbe quindi essere imminente, purtroppo, una caccia al tesoro che punterà alla ricerca di metalli preziosi che si concentrerà sui fondi degli oceani. La conferma arriva anche dall’Autorità internazionale dei fondi marini, l’ISA, che, istituita 30 anni fa, si occupa di regolare l’estrazione mineraria e le attività correlate «Chiaramente ora stiamo raggiungendo un livello di interesse molto elevato, quindi direi che sì, sembra essere inevitabile».
Michael Lodge, segretario generale dell’ISA, ha dichiarato alla CNBC che «Uno dei principali motori dell’interesse industriale è il potenziale per produrre maggiori quantità di minerali a costi equivalenti o inferiori a quelli che possono essere prodotti sulla terraferma. Questo è il motore commerciale e certamente esiste un vasto potenziale di risorse nei minerali dei fondali marini»
Quella dell’estrazione mineraria in acque profonde è una tecnica controversa dal momento che prevede l’uso di macchinari pesanti per rimuovere minerali e metalli – come cobalto, nichel, rame e manganese – che possono essere trovati in discrete quantità sul fondo dell’oceano. Gli usi finali di questi minerali sono molteplici e comprendono le batterie dei veicoli elettrici, le turbine eoliche e i pannelli solari.
Gli scienziati hanno avvertito che l’impatto ambientale complessivo dell’estrazione mineraria in acque profonde è difficile da prevedere. I gruppi ambientalisti, nel frattempo, affermano che questa pratica non può essere attuata in modo sostenibile e porterà inevitabilmente alla distruzione dell’ecosistema e all’estinzione delle specie.
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