
La denuncia, di ottobre, era stata portata avanti anche da Amnesty International
Amazon pagherà 1,9 milioni di dollari come risarcimento a più di 700 lavoratori migranti a contratto come risoluzione per le accuse di sfruttamento. Un rapporto di Amnesty International cui aveva fatto seguito anche indagini del Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi, degli Arab Reporters for Investigative Journalism e del The Guardian avevano denunciato abusi nei magazzini di Amazon in Arabia Saudita.
I lavoratori, molti dei quali nepalesi, erano stato assunti da agenzie di reclutamento terze che avevano fatto loro credere che avrebbero lavorato direttamente per Amazon. Invece, una volta giunti nella nazione araba erano stati alloggiati “in edifici fatiscenti, sporchi, infestati da cimici dei letti e privi anche delle strutture più elementari”, secondo quanto rivelato da Amnesty ad ottobre in un report che denunciava situazioni assimilabili allo sfruttamento ed alla tratta di esseri umani. I lavoratori, infatti, erano stati “ingannati sulle condizioni contrattuali dalle agenzie di reclutamento e dai fornitori di manodopera oltre a false informazioni sugli stipendi”. In alcuni casi, le agenzie hanno impedito ai dipendenti di cambiare lavoro o di lasciare l’Arabia Saudita a meno che non pagassero pesanti multe, cosa che spesso non potevano permettersi senza contrarre prestiti onerosi.
“Il nostro obiettivo è che tutti i nostri fornitori dispongano di sistemi di gestione che garantiscano condizioni di lavoro sicure e salutari; ciò include pratiche di reclutamento responsabili”, ha scritto Amazon nel post sul blog. L’azienda ha contestato le accuse delle autorità di regolamentazione e ha affermato che continua a investire nella sicurezza dei lavoratori. Ha inoltre affermato di aver compiuto progressi nella riduzione del tasso di infortuni, anche introducendo una maggiore automazione nelle sue strutture.
FOTO: Imagoeconomica