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Trasporto aereo, in Ue i voli aziendali pesano per il 30% delle emissioni: Italia maglia nera

Maria Vincenza D'Egidio
13 Marzo 2024
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Il report di Travel Smart Ranking 2024: Nessuna tra le principali ha obiettivi chiari per la riduzione

I viaggi aerei sono la forma di mobilità a maggiore intensità climatica. I voli effettuati dalle aziende ogni anno rappresentano, su scala globale, circa il 15-20% delle emissioni complessive dell’aviazione, una percentuale che in Europa rappresenta addirittura il 25-30%. Nonostante questo, le più grandi aziende italiane non hanno un piano per ridurre l’impatto ambientale dei loro voli aziendali.

Ecco cosa emerge dal report Travel Smart Ranking 2024, realizzato per il terzo anno consecutivo dall’associazione ambientalista indipendente europea Transport & Environment. Secondo la classifica, che prende in considerazione le 328 aziende di tutto il mondo che compiono il maggior numero di viaggi aerei aziendali, ben 15 sono italiane il 5% delle 328 totali e nessuna di loro ha impostato chiari obiettivi volti a ridurre le emissioni della mobilità aerea. Ciò segnala che le aziende italiane non stanno intervenendo abbastanza rapidamente né stanno dimostrando un impegno proattivo rispetto alla riduzione delle proprie emissioni.

In generale, tutte le aziende italiane analizzate nel rapporto, cioè le più grandi multinazionali del Paese, mancano di target per ridurre le emissioni dei viaggi aziendali: 13 di queste hanno ottenuto un punteggio pari a C, mentre le altre due, Iveco ed Enel, hanno ottenuto una D, il punteggio più basso, dettato principalmente dal fatto che non hanno reso note le proprie emissioni di viaggio, rendendo di fatto impossibile misurare il loro score climatico in materia di mobilità. Risulta dunque evidente il ritardo delle aziende italiane in confronto alle multinazionali di altri Paesi come Spagna, Paesi Bassi, Francia, Regno Unito e Germania, dove almeno un’azienda ha ottenuto punteggi come A o B.

Dall’analisi emerge una discrepanza tra aziende dello stesso settore: aziende lungimiranti, che fissano chiari obiettivi climatici, e aziende procrastinatrici che, anno dopo anno, mancano di farlo. Dall’analisi di T&E tutte le aziende italiane appartengono alla seconda categoria, avendo ottenuto score C o D e non avendo fissato target di riduzione delle emissioni per la loro mobilità interna o non riportando in maniera completa e trasparente le emissioni dei viaggi aziendali.

Fra le aziende italiane del settore bancario, i colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno ricevuto C come score e non hanno intrapreso un percorso verso la riduzione delle emissioni dei propri viaggi di lavoro. Tuttavia, aziende dello stesso settore di altri paesi, come la Lloyds Banking e Fidelity International conquistano una A, dimostrando che il percorso verso la riduzione delle emissioni passa dalla volontà di agire concretamente.

Anche nel settore manifatturiero le aziende italiane sono agli ultimi posti. I tre principali viaggiatori aziendali di questo settore, Danieli & C. Officine Meccaniche, Maire Tecnimont e IMA spa, registrano tutti una votazione pari a C, poiché nessuno di loro ha ridotto l’impatto della propria mobilità corporate. In altri paesi, invece, i grandi protagonisti del settore manifatturiero, come Michelin o Steelcase, hanno strutturato ambiziosi programmi per far fronte a questo problema, sostituendo i viaggi aerei con modalità di trasporto alternative, oppure investendo su modalità di collaborazione virtuali. Danieli & C Officine Meccaniche e Maire Tecnimont registrano, dopo la controllata di Stato Leonardo, i valori emissivi dai viaggi aerei più elevati in Italia, in termini assoluti.

«Le aziende italiane devono urgentemente fissare degli obiettivi per ridurre le emissioni dei viaggi aziendali. Non ci sono scuse per cui non si debba intervenire: lo dimostrano le controparti di altri Paesi che hanno fissato obiettivi chiari. Cosa sta impedendo ai procrastinatori italiani di fare lo stesso? La nostra ricerca evidenzia la netta differenza tra aziende impegnate nella sostenibilità e quelle aziende che non si assumono pienamente la loro responsabilità climatica» spiega Carlo Tritto di Transport & Environment Italia.

FOTO: Shutterstock
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