Il caro-vita pressa le famiglie che si difendono come possono, riducendo i consumi e inevitabilmente intaccando i risparmi, il tutto condito con lo sviluppo di lavoretti extra. E’ così che le famiglie della zona euro hanno cambiato le loro abitudini per far fronte all’inflazione.
E’ uno studio della Banca centrale europea che fa emergere come la maggior parte, cioè il 69%, ha modificato i consumi, il 43% ha usato i risparmi, il 31% ha cercato di far salire le entrate.
Tra chi ha agito solo sui propri consumi, il 50% ha cercato di trovare prezzi più vantaggiosi altrove, il 33% ha abbassato la qualità dei propri acquisti, il 28% ha ridotto le quantità.
Nel gruppo di chi ha cercato di aumentare le entrate, il 15% ha negoziato un aumento di stipendio, mentre il 17% ha fatto gli straordinari o ha preso un lavoretto extra.
Lo studio ha anche registrato un calo dei risparmi negli ultimi due anni, determinato non dall’aumento della spesa sui beni di prima necessità ma da quella sui viaggi e le attività di ricreazione in generale.
Questo perché, spiega la Bce, è aumentata maggiormente la spesa dei nuclei ad alto reddito che, dopo la pandemia, hanno recuperato dopo le restrizioni su viaggi e attività di piacere. Mentre la spesa dei nuclei a basso reddito, concentrata sui beni di prima necessità, si è mossa di meno.
Quanto rilevato dallo studio e il commento del presidente Massimiliano Dona di Unione nazionale consumatori è amaro: «I dati sono allarmanti e preoccupanti, confermano quanto stiamo ripetendo da anni – afferma Dona, presidente Unc – Le famiglie si arrabattano e si arrampicano sugli specchi pur di arrivare a fine mese.
Ma se il 28% di chi modifica i propri consumi è costretta a ridurre le quantità, anche di spese obbligate come quelle alimentari, come denunciamo ogni volta in occasione dei dati Istat sulle vendite al dettaglio, è chiaro che la situazione è diventata drammatica, con conseguenze nefaste anche per la crescita del Paese, visto che i consumi delle famiglie rappresentano il 60% del Pil». conclude Dona.