Secondo i dati resi noti oggi dall‘Istat nel 2023 le famiglie in povertà assoluta si attestano all’8,5% del totale delle famiglie residenti, corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui (9,8%).
L’incidenza di povertà assoluta familiare per ripartizione mostra il valore più elevato nel Mezzogiorno (10,3%, coinvolgendo 866 mila famiglie), seguito dal Nord (8,0%, un milione di famiglie) e dal Centro (6,8%, 365mila famiglie). L’incidenza individuale conferma il quadro tratteggiato in precedenza, con il Mezzogiorno che mostra i valori più elevati (12,1%), sebbene, rispetto al 2022, il Nord presenti segnali di peggioramento (9,0% dall’8,5%; 2,4 milioni di persone).
L’intensità della povertà assoluta, cioè la distanza media della spesa per consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà, nel 2023 rimane stabile rispetto all’anno precedente (18,2%), con dinamiche differenziate fra le ripartizioni: è in crescita nel Nord (18,6%, dal 17,6% del 2022), mentre segna una riduzione nel Mezzogiorno (scende al 17,9%, dal 19,3%).
Nel 2023 i minori che appartengono a famiglie in povertà assoluta sono pari a 1,3 milioni, un numero sostanzialmente stabile rispetto al 2022. Lo indica sempre l’Istat, aggiungendo però che l’incidenza di povertà assoluta individuale per i minori è pari al 14%, il valore più alto della serie storica dal 2014. Rispetto al 2022 le incidenze di povertà sono stabili tra i giovani di 18-34 anni (11,9%) e tra gli over65 (6,2%), che restano la fascia di popolazione a minore disagio economico.
«Dati drammatici e vergognosi, non degni di un Paese civile! La povertà assoluta, infatti, non resta affatto stabile, ma peggiora, raggiungendo un record storico, sia rispetto alla percentuale delle famiglie in povertà assoluta, l’8,5% che supera il precedente primato del 2022 quando era 8,3%, sia rispetto agli individui, 9,8%, una percentuale maggiore rispetto al passato record, sempre del 2022, pari al 9,7% – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. – Insomma, di male in peggio! Un dato che dipende in primo luogo dal caro bollette e dall’inflazione che hanno fatto decollare i prezzi di beni necessari ed essenziali, dalla pasta all’olio, dal riso al latte, rincari contro i quali il Governo Meloni non solo non ha fatto nulla, inventandosi solo la sceneggiata del Trimestre Anti-inflazione, ma ha peggiorato le cose, togliendo gli sconti su luce, gas e carburanti sia alle famiglie che alle imprese. Anche la riforma degli interventi a favore dei poveri, come il reddito di cittadinanza, non si può dire abbia certo facilitato un miglioramento della condizione dei poveri, almeno in questa fase di transizione».