Google licenzia 28 dipendenti che avevano partecipato al sit-in di protesta in due dei suoi uffici. Ciò avviene dopo l’escalation delle tensioni interne sul coinvolgimento di Google nel progetto Nimbus, un sostanziale accordo di cloud computing con il governo israeliano. Questo contratto, del valore di 1,2 miliardi di dollari e condiviso con Amazon, ha attirato le critiche di alcuni dipendenti preoccupati per le implicazioni etiche del ruolo della loro azienda nei contratti governativi.
I licenziamenti sono avvenuti dopo una protesta dirompente in cui i partecipanti hanno occupato l’ufficio del Ceo di Google Cloud Thomas Kurian e sono stati allontanati con la forza dalle forze dell’ordine, secondo un rapporto di The Verge. Questa azione fa seguito al precedente licenziamento di un dipendente il mese scorso per aver protestato contro lo stesso progetto durante una presentazione aziendale in Israele.
In risposta ai recenti sit-in, Chris Rackow, responsabile della sicurezza globale di Google, ha emesso un promemoria aziendale a tutti i dipendenti. Ha affermato che tale comportamento viola molteplici politiche aziendali e non sarebbe tollerato, indicando che la società della Silicon Valley potrebbe intraprendere ulteriori azioni se necessario.
Nella nota citata da The Verge, Rackow ha detto: «Un certo numero di dipendenti ha portato l’evento nei nostri edifici a New York e Sunnyvale. Hanno preso il controllo degli spazi degli uffici, hanno deturpato la nostra proprietà e hanno impedito fisicamente il lavoro di altri Googler. Il loro comportamento è stato inaccettabile, estremamente distruttivo e faceva sentire i colleghi minacciati».
Ha inoltre informato che sono risultati coinvolti 28 dipendenti e che la società sta indagando su di loro e prenderà provvedimenti, affermando: «Comportamenti del genere non sono ammessi nel nostro posto di lavoro e non li tollereremo. Viola chiaramente molteplici politiche a cui tutti i dipendenti devono aderire, incluso il nostro Codice di condotta e la Politica su molestie, discriminazione, ritorsioni, standard di condotta, e preoccupazioni sul posto di lavoro».
Ha anche avvertito i dipendenti che intendono prendere parte alla protesta dicendo: «Se siete uno dei pochi che sono tentati di pensare che trascureremo una condotta che viola le nostre politiche, ripensateci. L’azienda prende questa cosa estremamente sul serio».
Il gruppo di attivisti No Tech for Apartheid, che da tre anni si oppone al Progetto Nimbus, ha definito i licenziamenti un “flagrante atto di ritorsione”. Sostengono che le proteste sono state un tentativo pacifico di impegnarsi con l’azienda riguardo al progetto Nimbus e che i licenziamenti sono stati una risposta ingiusta ai dipendenti che esercitavano il loro diritto di protestare.