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Auto elettriche, in Europa ci sono meno colonnine di ricarica del necessario

Maria Vincenza D'Egidio
11 Maggio 2024
Auto elettriche, in Europa ci sono meno colonnine di ricarica del necessario
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Entro il 2030 servirà la realizzazione di 1,2 milioni di punti di ricarica all’anno: circa 22mila alla settimana

Si auspica un passaggio più celere all’elettrico, ma il numero delle colonnine di ricarica pubblici per le automobili elettriche nel territorio dell’Unione europea è molto più basso di quello necessario per raggiungere effettivamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica che la stessa Unione si è posta. A rappresentare tale allarmante situazione è un rapporto dell’Associazione europea dei produttori di automobili (Acea).

Secondo quanto si evince dallo studio, tra il 2017 e il 2023 nel territorio comunitario si è venduto un numero di auto elettriche cresciuto in una misura tripla rispetto a quello dei punti di ricarica installati. Un dato che certifica l’esigenza della costruzione di una quantità annuale di nuove colonnine otto volte superiore da qui al 2030. In particolare, il direttore generale di Acea Sigrid de Vries si è definito molto preoccupato «che la realizzazione delle infrastrutture non abbia tenuto il passo con le vendite di auto elettriche negli ultimi anni. Inoltre, questo ‘gap infrastrutturale’ rischia di ampliarsi in futuro, in misura molto maggiore di quanto stimato dalla Commissione Europea».

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Entrando più nel dettaglio, in tutta l’Unione europea nel 2023 sono state installate poco più di 150mila colonnine di ricarica pubbliche, per una media di meno di 3.000 a settimana. Il numero totale delle colonnine è in tal modo salito a oltre 630mila unità. Secondo la commissione europea, entro il 2030 dovrebbero essere installati in tutto 3,5 milioni di punti di ricarica. Di fatto, per raggiungere un obiettivo di tale portata servirebbe costruire circa 410mila colonnine pubbliche all’anno, quasi 8.000 alla settimana. Questo significherebbe andare a un ritmo quasi tre volte superiore all’ultimo tasso di installazione annuale.

Le stime di Acea rappresentano però un quadro ancora più problematico. Secondo i dati in possesso dell’associazione, entro il 2030 saranno 8,8 milioni i punti di ricarica necessari alla popolazione dell’Unione europea. Un target per il quale sarebbe necessaria la realizzazione di 1,2 milioni di caricabatterie all’anno, ovvero circa 22mila alla settimana. Si tratta di un numero otto volte superiore all’ultimo tasso di installazione annuale.

«Un facile accesso ai punti di ricarica pubblici – avverte de Vries – non è bello da avere, ma una condizione essenziale per decarbonizzare il trasporto stradale, insieme al sostegno del mercato e a un quadro produttivo competitivo in Europa. Gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica pubbliche devono essere aumentati con urgenza se vogliamo colmare il divario infrastrutturale e raggiungere gli obiettivi climatici».

Sono numerosi i motivi per i quali le stime della commissione e quelle di Acea sono così differenti. Innanzitutto, secondo lo studio dell’associazione, la commissione sottovaluta il numero di veicoli che percorreranno le strade dell’Ue e avranno bisogno di un caricabatterie entro il 2030: la sua stima è di 30 milioni, contro i 65 milioni stimati da Strategy&Fraunhofer Isi e utilizzati nei calcoli Acea. Questi ultimi includono infatti i furgoni elettrici a batteria, che vengono ricaricati principalmente utilizzando la stessa infrastruttura delle automobili, nonché i veicoli elettrici ibridi plug-in, mentre la commissione conta solo le auto elettriche a batteria.

Le stime emesse dagli organismi comunitari ipotizzano inoltre un consumo energetico dei veicoli significativamente inferiore rispetto ai recenti dati di monitoraggio nel mondo reale (14,8 chilowatt ogni 100 chilometri per i veicoli elettrici a batteria e 19,2 chilowatt ogni 100 chilometri per veicoli elettrici ibridi plug-in, contro 20 chilowatt ogni 100 chilometri per entrambi secondo Acea. Insomma, sottovalutando così le necessità dei mezzi.

FOTO: Imagoeconomica
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