Sono quasi 64% delle aziende giapponesi a ritenere che la recente svalutazione dello yen avrà un impatto negativo sui profitti, secondo un sondaggio pubblicato oggi dal think tank Teikoku Databank.
Circa metà delle aziende partecipanti al sondaggio ritiene che il cambio ideale yen/dollaro dovrebbe aggirarsi sui 110-120 yen, rispetto agli oltre 150 yen per dollaro delle ultime settimane.
Il sondaggio è stato effettuato tra il 10 e il 15 maggio scorsi e vi hanno preso parte 1.046 imprese giapponesi. La debolezza dello yen avvantaggia le esportazioni giapponesi, ma aumenta i costi di carburanti e materie prime, che il Giappone importa dall’estero.
L’economia del Giappone ha subito una contrazione del 2 per cento su base trimestrale nel periodo gennaio-marzo, secondo i dati preliminari diffusi il 15 maggio dal governo di quel Paese.
Il dato, che riflette la contrazione dei consumi, è il primo negativo da due trimestri a questa parte. Nei primi tre mesi del 2024 i consumi in Giappone sono calati del 2,7 per cento su base trimestrale in termini destagionalizzati.
Gli investimenti aziendali sono calati del 3,7 per cento, e le esportazioni del 18,7 per cento, mentre le importazioni sono calate del 12,8 per cento. I consumi, in particolare, sono calati per il quarto trimestre consecutivo a causa della contrazione dei salari reali.
La Banca del Giappone (BoJ) è pronta a reagire con una risposta di politica monetaria alla svalutazione dello yen, nel caso quest’ultima influisca sensibilmente sull’andamento dell’inflazione. Lo ha dichiarato la scorsa settimana il governatore della banca centrale giapponese, Kazuo Ueda.
Il funzionario ha dichiarato nel corso di una audizione parlamentare che il tasso di inflazione in Giappone potrebbe rivelarsi più sensibile alle fluttuazioni del mercato monetario rispetto al passato, dal momento che la strategia di definizione dei prezzi da parte delle aziende è cambiata.
Il Giappone potrebbe aver utilizzato 36 miliardi di dollari delle sue riserve di valuta estera per frenare la svalutazione dello yen, tramite l’intervento del 29 aprile che Tokyo non ha ancora ufficialmente confermato. Lo scrive il sito d’informazione Channel News Asia, secondo cui la cifra si può evincere da dati pubblicati il giorno successivo dalla Banca del Giappone (BoJ).
Alla fine del mese scorso la Banca del Giappone (BoJ) ha deciso di mantenere invariata la sua politica dei tassi, dopo aver portato i tassi di riferimenti appena sopra lo zero per la prima volta da 17 anni il 19 marzo. La BoJ ha comunicato che proseguirà gli acquisti di obbligazioni dello Stato “in accordo con le decisioni assunte durante l’incontro di politica monetaria del marzo 2024”.
La Banca del Giappone ha ridotto gli acquisti di obbligazioni sovrane giapponesi del 36 per cento nel corso dell’anno fiscale 2023-2024, che si è appena concluso.
Lo certificano i dati pubblicati il primo aprile dalla banca centrale, secondo cui il totale delle obbligazioni emesse dallo Stato giapponese e acquistate dalla BoJ nell’anno fiscale appena trascorso è ammontato a 87.600 miliardi di yen (circa 579 miliardi di dollari al tasso di cambio attuale).
La decisione segue l’annuncio degli aumenti salariali record conseguiti dalla confederazione sindacale giapponese Rengo la settimana precedente. La banca centrale giapponese attendeva proprio i risultati formali dei negoziati salariali tra le grandi aziende e la confederazione sindacale giapponese.
Prima di abbandonare i tassi negativi, infatti, la BoJ intendeva assicurarsi che il Paese possa sostenere stabilmente un tasso di inflazione attorno al 2%. L’ultimo aumento dei tassi di riferimento stabilito dalla banca centrale giapponese risale a febbraio 2007, prima della crisi finanziaria globale dell’anno successivo.