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Economia

Il ruolo dell’UE ed il peso dell’Italia nell’attuale scenario economico e geopolitico in vista delle elezioni europee

Rossana Prezioso
18 Maggio 2024
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In vista delle prossime elezioni europee, quale ruolo assume l’Ue e quale il peso, anche economico, che potrebbe avere l’Italia nel panorama attuale?

A giugno si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Un evento che assume un significato particolare e molteplice all’interno di un quadro internazionale estremamente complesso e variabile. Dalle tensioni nel Mar Rosso fino alla guerra in Medio Oriente passando inevitabilmente attraverso il conflitto russo-ucraino e le nuove sfide della NATO. Quale ruolo assume l’Ue in questi ambiti? E quale il peso, anche economico, che potrebbe avere l’Italia? A rispondere è Gabriel Debach, market analyst di eToro.

Dal 6 al 9 giugno si svolgeranno le elezioni europee. Quali sono gli scenari economici che si presentano alla vigilia delle consultazioni?

«Arriviamo al rinnovo del Parlamento europeo in una situazione geopolitica quanto mai complessa. Il conflitto aperto tra Russia e Ucraina, così come le tensioni in Medio Oriente, si protraggono, mentre proseguono anche le perturbazioni nel Mar Rosso. In particolare, i tassi di trasporto merci attraverso il Mar Rosso sono una frazione di quanto fossero durante lo shock pandemico, ma sono anche ben al di sopra dei loro minimi. La spedizione di un container standard da 40 piedi sulla rotta più lunga da Shanghai a Rotterdam è attualmente di 3.100 dollari, in calo di un terzo rispetto al picco della crisi di fine gennaio, ma ancora in aumento di un drammatico 150% negli ultimi quattro mesi. E’ importante monitorare questi dati poiché l’industria del trasporto marittimo movimenta il 90% del commercio globale, diventando così un barometro in tempo reale per la lenta ripresa del ciclo produttivo e commerciale mondiale, con un impatto significativo sul sentiment degli elettori. Questa ripresa sta comunque beneficiando dell’eccezionale tenuta economica degli Stati Uniti, così come della crescita delle importazioni e delle esportazioni della Cina e delle prospettive dell’Europa. In più, gli impatti della crisi del Mar Rosso si sono rivelati inferiori a quanto temuto e le interruzioni della catena di approvvigionamento globale sono ancora basse. Ci troviamo poi ancora in un contesto di “tassi alti più a lungo”, con i mercati in attesa di scoprire quando le principali banche centrali decideranno effettivamente di iniziare un ciclo di allentamento monetario. In questo contesto, arriviamo alle elezioni europee con la prospettiva di vedere uno sbilanciamento dell’ingerenza dei partiti verso destra. Secondo uno studio condotto dallo European Council on Foreign Relations (ECFR), dall’esito delle urne potrebbe emergere la nascita di una coalizione di destra, composta da democratici cristiani, conservatori e eurodeputati della destra radicale, con la maggioranza al Parlamento europeo. Sempre secondo lo studio dell’ECFR, il rischio è che possano esserci delle ripercussioni su alcune delle linee di legislazione che l’Unione Europea sta portando avanti, come la prossima fase del Green Deal. L’auspicio è che l’Europa riesca comunque a mantenersi unita, per continuare ad affrontare le sfide globali che attendono al varco – dal cambiamento climatico alla transizione digitale, fino alle emergenze sanitarie ed energetiche – che i singoli Paesi non sarebbero in grado di affrontare con la stessa efficacia da soli».

Quali sono le prospettive economiche dell’Unione Europea in un panorama internazionale governato da potenze come Cina, USA e India?

«Le prospettive economiche dell’Unione Europea si trovano in un contesto internazionale sempre più dominato da potenze come Cina, USA e India, un panorama che impone a Bruxelles una riflessione profonda sul proprio ruolo globale. Negli ultimi anni, la frammentazione interna e le sfide geopolitiche hanno evidenziato vulnerabilità significative all’interno del blocco europeo, specialmente con l’emergere della crisi energetica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha messo in luce dipendenze insostenibili. Inoltre, le relazioni con gli Stati Uniti sono state messe alla prova da politiche protezionistiche, mentre i rapporti con Cina e India sono complicati dalla concorrenza spesso percepita come sleale e dalla mancanza di trasparenza. Tuttavia, ogni crisi porta con sé il seme delle opportunità. La necessità di un rinnovamento è palpabile e diventa una priorità per garantire che l’Unione Europea rimanga competitiva e resiliente. Come sottolineato da Mario Draghi, “Il nostro processo decisionale e i nostri metodi di finanziamento sono stati concepiti per il ‘mondo di ieri’, ossia pre-Covid, pre-Ucraina, pre-scoppio della crisi in Medio Oriente, prima del ritorno della rivalità tra le grandi potenze. Abbiamo bisogno di un’Unione Europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani…con un cambiamento radicale, perché è ciò che serve.” In questa nuova fase, è essenziale che l’UE adotti politiche più integrate e strategiche, superando le divisioni interne e sfruttando le economie di scala a livello continentale. Draghi propone un rafforzamento della cooperazione in ambiti cruciali come i mercati dei capitali per mobilizzare risorse finanziarie interne, e una maggiore enfasi sul finanziamento di beni pubblici europei, che sono vitali per la sostenibilità a lungo termine dell’Unione. Questi cambiamenti non solo rafforzeranno la coesione interna dell’UE, ma anche la sua posizione su un palcoscenico globale sempre più competitivo».

Qual è il peso dell’Italia all’interno dell’Unione?

«Il Bel Paese riveste un ruolo non da poco all’interno dell’UE, sia in termini economici che politici. Innanzitutto, l’Italia è la terza economia dell’Unione Europea dopo Germania e Francia, e l’ottava al mondo per valore del PIL. Situata al centro del Mediterraneo e dotata di 40 porti principali e 42 aeroporti, l’Italia rappresenta una porta d’accesso strategica per 500 milioni di consumatori in tutta l’Unione Europea ed è la principale arteria di collegamento tra l’Europa meridionale e l’Europa centrale e orientale.

Le aziende che operano in Italia possono inoltre contare su un’ampia rete di PMI, molte delle quali sono raggruppate in cluster, e rappresentano la spina dorsale dell’industria italiana. Il settore manifatturiero è in grado di fornire prodotti intermedi di alta qualità specificamente adattati alle esigenze dei clienti in un’ampia gamma di settori (macchinari industriali, metalli, prodotti chimici, materie plastiche, carta, ceramica, tessile, industria nautica, ecc.), e punta perlopiù all’export di prodotti di nicchia e di lusso. Investire in Italia significa avere accesso a competenze uniche in settori di punta, quali macchinari e robotica, design, componenti per auto, farmaceutica, moda e alimentare».

Quali sono i vantaggi che l’economia italiana ha tratto dall’Unione? Quali potrebbero essere gli svantaggi di un’ipotetica uscita dell’Italia in stile Brexit?

«L’economia italiana è profondamente integrata in quella europea. Oltre la metà delle nostre importazioni (51%) proviene dagli altri Paesi dell’Unione europea, mentre, viceversa, il 53% delle esportazioni è ad essi destinato. Il 60% degli investimenti diretti esteri in Italia origina dai paesi dell’Unione, che a loro volta ricevono il 56%. Uno dei punti di forza del nostro Paese è il turismo: concorriamo infatti in maniera decisiva ad arricchire le attrattive dell’Europa come destinazione turistica e di investimento. Nel 2022 hanno visitato l’Italia 55 milioni di europei, e 20 milioni di turisti provenienti da altri Paesi. Negli ultimi anni, tuttavia, il dibattito sull’uscita dell’Italia dall’euro è diventato un argomento di grande rilevanza per l’opinione pubblica, oltre a essere oggetto di discussioni politiche durante le elezioni europee. Dal 2007, la percentuale di cittadini europei favorevoli all’euro è leggermente diminuita, passando dal 69% al 66%. Tra i paesi membri dell’Unione Europea, l’Italia è quello in cui tale consenso è diminuito in modo più marcato. Nel giugno 2016, poi, la Brexit, ha riportato in primo piano il dibattito su questo tema, coinvolgendo sia i principali esponenti dei partiti politici che i più influenti economisti. La realtà, come ha reso evidente anche il caso Brexit, è che le reali conseguenze di un’eventuale uscita di un Paese membro dall’Unione sono difficilmente calcolabili a priori. Nel caso di Brexit, rimane difficile quantificarle anche ad anni di distanza. Al momento non c’è un consenso su quali potrebbero essere i riflessi di un Italexit e, in particolare, di un’uscita dall’euro. Gli economisti, in particolare, si concentrano su quattro nodi principali di discussione: 1. se la svalutazione monetaria, resa possibile dall’uscita dall’euro, sia o meno un mezzo efficiente per rilanciare l’export e aumentare la produzione; 2. se vi sia o meno un adeguato riscontro, nell’evidenza storica di crisi valutarie comparabili, della “grande inflazione”, spesso evocata come conseguenza negativa per i paesi che lasciano l’Eurozona; 3. se l’uscita dall’euro possa o meno facilitare il percorso di contenimento del debito pubblico; 4. se sia fattibile o meno un referendum sull’uscita dall’euro.

Rapporto tra Unione Europea e cittadini: quali sono gli aspetti della vita quotidiana in cui l’Ue è presente?

«L’Unione Europea è profondamente presente nella vita quotidiana dei suoi cittadini, nonostante il suo impatto venga spesso sottovalutato. L’area più evidente è quella della regolamentazione: anche se spesso non ci facciamo caso, infatti, i prodotti che acquistiamo devono essere conformi a quanto stabilito dalle normative, in termini di sicurezza, norme sanitarie e ambientali, norme specifiche per settore, ma anche in relazione al commercio internazionale. L’UE tutela inoltre i diritti dei consumatori, intervenendo contro pratiche commerciali sleali e garantendo che i cittadini abbiano il diritto di scegliere liberamente e consapevolmente i prodotti e i servizi che desiderano. Questo si traduce in un ambiente commerciale più equo e trasparente per tutti, dove le imprese sono tenute a rispettare standard elevati di comportamento etico e responsabile. L’UE promuove attivamente la mobilità dei cittadini europei attraverso programmi come Erasmus. Questo non solo offre agli studenti l’opportunità di arricchire la propria formazione accademica all’estero, ma favorisce anche lo scambio culturale e l’acquisizione di competenze interculturali fondamentali in un mondo sempre più globalizzato. Inoltre, l’UE investe in progetti e iniziative che hanno un impatto diretto sulla vita quotidiana dei cittadini, soprattutto nei settori dell’istruzione, della ricerca e dello sviluppo».

Ad esempio, conclude Debach, attraverso finanziamenti e programmi specifici, l’UE sostiene la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica e lo sviluppo delle infrastrutture, contribuendo a creare nuove opportunità di lavoro e a promuovere una crescita economica sostenibile e inclusiva.

FOTO: imagoeconomica
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