La nuova versione del redditometro targata Maurizio Leo non ha avuto gran fortuna: il viceministro dell’Economia ha infatti firmato un atto di indirizzo con cui di fatto ha bloccato l’entrata in vigore del decreto che era stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lunedì.
E’ stata il premier Giorgia Meloni ad annunciare che il provvedimento sarebbe stato sospeso per procedere ad ulteriori approfondimenti.
Il nuovo redditometro, che ha incontrato l’opposizione di parte della maggioranza, avrebbe riguardato quasi ogni genere di spesa (dalle medicine fino all’acquisto di piante e fiori passando per il mantenimento di un cavallo) per risalire al reddito effettivo del contribuente in casi estremi (dichiarazioni bassissime o nessuna dichiarazione e possesso contestuale di un’auto o una barca di lusso, ad esempio).
Nonostante lo stop alla lente sui redditi, però, il governo puntualizza l’intenzione di andare avanti contro l’evasione, e in particolare – sottolinea Meloni – di intensificare l’impegno contro i grandi evasori ma senza attivare il grande fratello fiscale.
Questo rinnovato impegno ci sarà anche perché l’evasione nel Belpaese è una vera montagna di soldi: poco più di 85 miliardi, secondo le ultime rilevazioni, che sarebbero utilissimi in questo momento considerato anche l’impegno straordinario al quale è chiamata l’Italia (soprattutto sul debito) dalle nuove regole del patto di stabilità da poco riattivato.
Ma su questo si andrà avanti grazie anche all’uso sempre più massiccio di tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’incrocio delle banche dati già in possesso dell’amministrazione. Si guarda agli avatar fiscali ad esempio, algoritmi capaci di individuare anomalie contabili e fiscali. Sono in grado di navigare in pochi secondi tra miliardi di dati (transazioni) ed individuare con precisione le frodi.
Oltre alla lotta all’evasione si punta però anche sulla compliance, sull’accordo con i contribuenti messo nero su bianco nella delega. Partirà infatti a breve il concordato preventivo biennale con i lavoratori autonomi (a giugno dovrebbero arrivare le prime proposte di accordo per far partire la misura a settembre) che porranno così accordarsi con l’amministrazione su quanto pagare per i due anni successivi mettendosi contestualmente al riparo dai controlli.
Qualche esperto ha osservato che il redditometro potrebbe rappresentare la ‘pistola alle spalle’ di chi deve aderire o meno al concordato preventivo.
Un’arma che comunque non ci sarà e che qualcuno definisce ‘spuntata’. Fu infatti abbandonato nel 2018 proprio perché i risultati erano assai scarsi. Il governo punta dunque sul ‘fisco amico’ tanto che domani si dovrebbe almeno varare la riforma delle sanzioni fiscali: saranno più leggere.
Dalla dichiarazione fiscale omessa o infedele ai casi in cui si comunica al Fisco meno di quanto accertato, finisce l’era delle maxi-multe fino al 240%: al contribuente verrà chiesto non più del 120% dell’ammontare dovuto. Il nuovo regime, che dovrebbe scattare da settembre, prevede sanzioni amministrative ridotte da un quinto a un terzo.
Per chi non presenta la dichiarazione dei redditi o dell’Irap oppure la dichiarazione del sostituto d’imposta, la multa sarà del 120%, anziché dal 120 al 240% previsto ora. Mentre per dichiarazione infedele, si passa da 90-180% al 70%.
Le sanzioni tributarie riscosse ogni anno ammontano a circa 2,27 miliardi: il taglio delle multe, che vengono ridotte nel complesso di circa il 10%, si spiega nella Relazione Tecnica, avrà necessariamente un effetto negativo in termini di entrate da sanzioni; ma con multe più proporzionate, e di minore importo, si scommette su una maggiore adesione all’accertamento.
Novità anche per i commercianti: per l’omessa o tardiva trasmissione o con dati incompleti o non veritieri dei corrispettivi giornalieri arriva un tetto di 1.000 euro alle sanzioni, mentre l’omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze sarà punita con una sanzione massima di 30mila euro (anziché 50mila).
«No a questo redditometro, ma si allo strumento, comunque lo si voglia chiamare. La lotta all’evasione passa anche da un confronto delle spese rispetto al reddito dichiarato. Il punto è che questo raffronto va fatto bene. Il contribuente va convocato ogni volta che i suoi consumi certi non sono congrui rispetto al reddito, non quelli presunti fondati sulle medie del pollo di Trilussa. Le medie Istat non devono concorrere né alla selezione dei contribuenti né formare oggetto del contraddittorio e non basta, come scritto nel decreto, che le spese certe, ossia quelle presenti in anagrafe tributaria, siano considerate prevalenti rispetto a quelle calcolate induttivamente», arriva il commento di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori allo stop al redditometro.
«Il Governo Meloni ha commesso poi il grave errore di ricopiare la tabella dei consumi già presente nella bozza del 2021, senza fare alcuna correzione, mantenendo lo stesso elenco delle spese che hanno un contenuto induttivo. Peccato che siano spese non obbligatorie, che non è detto affatto siano realmente sostenute da una famiglia nel corso dell’anno – prosegue Dona – Chi lo dice ad esempio che una famiglia abbia una spesa per tram, autobus e taxi se abita in un piccolo paese? E perché dovrebbe acquistare bevande se beve acqua del rubinetto? Anche abbigliamento e calzature non sono spese che si fanno obbligatoriamente ogni anno.
Al contrario deve poter bastare anche una sola spesa per far scattare l’accertamento, se si tratta di un bene di lusso non congruo con il reddito dichiarato, senza necessità di dover ricorrere alle medie Istat. Tutte proposte da noi avanzate nella consultazione pubblica del 2021, ma che non sono state nemmeno prese in considerazione dal Governo Meloni», conclude Dona.