La produzione metalmeccanica nel primo trimestre dell’anno ha registrato un calo congiunturale del del 2,1% rispetto al trimestre precedente e del 4,1% rispetto al primo trimestre del 2023, dati peggiori del complesso dell’industria. Lo riporta Federmeccanica nella 170esima indagine presentata oggi, rilevando che pesano sull’attività delle imprese fattori di forte criticità, come i conflitti in corso e costi del credito ancora elevati.
Le esportazioni del settore hanno segnato tra gennaio e marzo un ulteriore calo del 2,0% annuo. Sono i risultati della 170esima edizione dell’indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria metalmeccanica, meccatronica italiana.
I risultati mostrano molte ombre e poche, flebili, luci. Nei tre mesi hanno condizionato l’attività il calo congiunturale di Autoveicoli e rimorchi (-7,3%), mentre solo Altri mezzi di trasporto mostra un incremento (+2,4%).
L’export metalmeccanico segna un ulteriore calo del 2%; analoga situazione per l’import che crolla del 6,6% tendenziale. I flussi di prodotti metalmeccanici verso l’Ue sono diminuiti del 6,1% su anno, a fronte dell’incremento verso i mercati esterni (+3,1%); il calo è stato determinato in particolar modo dal crollo sul mercato tedesco (-12,1% su anno).
Per il vice presidente di Federmeccanica Diego Andreis, «i due indicatori chiave, produzione ed export, evidenziano risultati estremamente negativi e un trend in costante e preoccupante peggioramento. La performance della metalmeccanica/meccatronica è in netto arretramento e ha compromesso i risultati dell’intera industria. Le ragioni sono molteplici, dai limiti strutturali e di competitività, ai fattori esogeni come la progressiva frammentazione dei mercati, la debolezza dell’economia europea, in particolare di Germania e Francia. Viene così a mancare il tradizionale punto forza della metalmeccanica/meccatronica: l’export, che fino al quarto trimestre 2022 cresceva a due cifre e dal primo trimestre 2023 ha iniziato un trend di decrescita inarrestabile. La sofferenza è diffusa a tutti i comparti. Se non si mettono in campo azioni concrete di lungo respiro e mirate corriamo tutti un grande rischio».
Anche il direttore generale Stefano Franchi ha ribadito che «occorre ricordarlo ancora una volta, l’aumento dei margini è fondamentale per la redistribuzione e per la capacità d’investimento. Sono conti che non tornano. Ogni impresa sta attraversando una fase complessa, molte aziende hanno grandi difficoltà e c’è chi soffre di più. Nessuno deve essere lasciato indietro. Per cambiare rotta tutti devono fare la loro parte, noi faremo la nostra come sempre», ha concluso.