La condanna di Trump al processo contro Stormy Daniels potrebbe rivelarsi un vero e proprio trampolino per l’ex presidente che macina consensi rispetto al suo avversario. Biden, anch’egli alle prese con questioni giudiziarie riguardati suo figlio Hunter, resta indietro, seppur di poco, nella corsa verso la Casa Bianca. Ma gli USA si presenteranno a queste consultazioni come una nazione che, seppur in ripresa economica, è lacerata da contrasti sociali latenti e che rischiano di esplodere. Una profonda crisi sociale che, come sottolinea anche Alessandro Bergonzi, Financial Markets Content Specialist di Investing.com, “va avanti da anni e non ha ancora trovato soluzione“.
Donald Trump è stato condannato nel processo Stormy Daniels per tutti i 34 capi d’imputazione. Si tratta della prima condanna di un ex presidente. Cosa significa questo a livello storico ma, soprattutto, politico, in vista delle prossime elezioni previste a novembre?
«La decisione dei giudici non avrà ricadute sulla candidabilità di Trump che però potrebbe essere il primo candidato presidente a non poter votare per sé stesso, visto che la legge della Florida, dove Trump risiede, nega il diritto di voto a chi ha ricevuto certe condanne penali. Un evento paradossale che tuttavia ben rappresenta il momento vissuto dagli Stati Uniti, con la sfida tra Trump e Biden che prende sempre più i contorni di un duro confronto sulla legittimità del sistema Usa nel suo complesso».
Immediatamente dopo la condanna i titoli della Trump Media, proprietaria della app Truth Social e di cui l’ex presidente detiene il 65% delle azioni, sono scesi del 4%. A marzo si era registrata la fusione con la società Digital World Acquisition Corp. in vista di uno sbarco in Borsa. Alla luce delle vicende giudiziarie di Trump quali potrebbero essere le previsioni su Trump Media?
«Ne sapremo qualcosa di più il prossimo 21 giugno quando la società del Tycoon svelerà gli ultimi dati di bilancio. Da marzo il titolo a cui è legato il social Truth ha avuto un andamento molto volatile, spesso imprevedibile e legato anche agli acquisti dei supporter di Trump pronti a tutto pur di sostenere l’ex presidente Usa. Se si guardano i numeri la società ha chiuso i primi 3 mesi dell’anno con una perdita netta di 327,6 milioni».
Il giudice che ha presieduto l’intero processo, Juan Merchan, ha fissato all’11 luglio la sentenza che dovrà rendere nota la condanna effettiva. Il 15 luglio ci saranno le primarie del partito repubblicano che, presumibilmente, daranno a Trump l’investitura ufficiale come rappresentante del partito per sfidare Biden. Un timing così contingentato potrebbe essere un boomerang per i democratici oppure la parola fine per la campagna elettorale dell’ex presidente?
«Dal punto di vista politico è probabile che gli elettori abbiano già preso da tempo una decisione su Trump, la condanna del leader repubblicano può solo polarizzare la discussione tra chi sostiene la battaglia del Tycoon contro la magistratura e chi invece lo reputa un elemento pericoloso per la stabilità del Paese».
Donald Trump rischia davvero di andare in prigione? E quali potrebbero essere i contraccolpi a livello sociale? Si rischia veramente una rivolta come già accaduto il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill?
«Trump rischia fino a quattro anni di detenzione, tuttavia non si può sapere cosa deciderà il giudice neanche guardando i precedenti visto che i processi al leader repubblicano costituiscono sempre un caso unico. Ciò che è certo è che il Paese sta vivendo un momento di profonda crisi sociale, segnata da profonde disuguaglianze, che è esplosa con i fatti di Capitol Hill ma che in realtà va avanti da anni e non ha ancora trovato soluzione».
Dopo la condanna il responsabile della campagna elettorale di Trump ha dichiarato di aver registrato un’impennata nelle offerte. Il seguito del rappresentante repubblicano è ancora molto alto. Potrebbe essere un rischio a livello di stabilità sociale in vista degli altri processi che dovrà affrontare?
«È emblematico come un grande esperto degli Stati Uniti quale è Federico Rampini abbia descritto le prossime elezioni, con una battuta da lui stesso definita brutale: una scelta “tra un delinquente e un deficiente”. E le conseguenze di questa scelta non sono prevedibili visto che i due candidati esasperano la contesa e non si trovano punti d’incontro tra due fazioni opposte, pronte e costantemente incitate a manifestare la propria appartenenza ad ogni occasione buona».
A proposito degli altri processi, quali sono i rischi politici e legali, a cui potrebbe andare incontro il tycoon?
«Trump è stato rinviato a giudizio altre tre volte. Uno dei processi riguarda proprio i fatti di Capitol Hill per cui è accusato di aver cospirato contro gli Stati Uniti, il secondo è incentrato sul tentativo di ribaltare il risultato delle elezioni 2020 in Georgia e nel terzo deve rispondere per aver nascosto documenti classificati nella sua villa Mar-a-Lago. Questi processi, però, avranno luogo dopo le elezioni a cui l’esito è strettamente collegato».
Resta, però, un paradosso. Infatti – ricorda Bergonzi – a parte la causa relativa alle elezioni in Georgia che riguarda un crimine statale, per i due casi di competenza federale, se Trump diventasse presidente avrebbe il potere di darsi la grazia da solo, facendo decadere le accuse contro di lui.