L’Antitrust ha sanzionato per 6 milioni di euro Dr Automobiles S.r.l. e la sua controllata DR Service & Parts S.r.l., per aver attuato due pratiche commerciali scorrette. L’Autorità ha accertato che DR Automobiles, nell’ambito dei messaggi e/o delle comunicazioni commerciali diffusi almeno a partire dal dicembre 2021, ha indicato l’Italia come origine e luogo di produzione delle auto commercializzate con i marchi Dr ed Evo.
Si tratta però di auto prodotte in Cina, salvo marginali interventi di rifinitura. La pratica ingannevole è coincisa con un periodo di forte aumento delle vendite delle auto Dr ed Evo sul mercato italiano.
L’istruttoria ha accertato, inoltre, che DR Service & Parts S.r.l. e DR Automobiles S.r.l., almeno a partire dal 2022, non hanno garantito un adeguato approvvigionamento dei pezzi di ricambio e neppure una corretta assistenza post-vendita, tramite la rete dei concessionari e/o delle officine autorizzate, cui tra l’altro non è stata fornita idonea formazione tecnica.
Questa pratica, spiega l’autorità, può ostacolare l’esercizio dei diritti dei consumatori, compreso il diritto di ottenere la riparazione dell’automobile e un’adeguata assistenza post-vendita, anche nell’ambito della garanzia legale di conformità del prodotto acquistato. L’Autorità ha deliberato che le due società, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, comunichino le iniziative intraprese per far cessare queste condotte illecite.
DR Automobiles Groupe in una nota fa sapere che «prende atto della decisione dell’AGCM, pur non condividendola nel merito, ragione per cui si accinge ad impugnarla. Nel corso del procedimento DR ha offerto la massima disponibilità, proponendo impegni tangibili volti a rimediare alle preoccupazioni espresse dall’Autorità, che però non sono stati accettati da quest’ultima – nel merito, DR osserva che – la delocalizzazione in Estremo Oriente di parte della produzione delle autovetture commercializzate da DR Automobiles Groupe non è mai stata celata al pubblico, come testimoniato da numerosi articoli di stampa e servizi televisivi, nonché dalle informazioni divulgate attraverso i canali ufficiali web e social del gruppo.
Al tempo stesso, le campagne advertising non hanno mai inteso pubblicizzare una pretesa integrale fabbricazione delle autovetture in Italia, quanto sottolineare il forte legame del gruppo automobilistico con il nostro Paese e la regione Molise sotto il profilo proprietario e storico. Oltre ad evidenziare le importanti fasi che si svolgono nell’HQ di Macchia d’Isernia (IS) in termini di ricerca e sviluppo, design, progettazione, aggiunta di funzionalità, rifinitura e completamento delle autovetture commercializzate».
Si legge ancora nella nota: «Tutti aspetti che non sono stati adeguatamente valorizzati dal provvedimento dell’Authority. DR Automobiles Groupe intende, ad ogni modo, accrescere le fasi di lavorazioni in Italia, ampliando a tal proposito il proprio polo industriale di Macchia d’Isernia con un nuovo stabilimento produttivo, nella prospettiva dello sviluppo di nuovi modelli, anche ad alimentazione integralmente elettrica.
Per quanto riguarda le condotte sanzionate sotto il profilo dell’assistenza post-vendita, l’Antitrust ha contestato al Gruppo DR i tempi di attesa sofferti da alcuni consumatori per la riparazione delle proprie autovetture, omettendo di considerare che ciò è derivato dalla indisponibilità oggettiva di alcuni pezzi di ricambio a causa della nota disruption della catena di approvvigionamento del settore automotive avvenuta nel periodo post-pandemico. Situazione comune a tutto il settore e comunque ormai in fase di assorbimento, come provano i dati registrati dal Gruppo già dal 2023 e ulteriormente migliorati nel primo trimestre del 2024, che mostrano tempi medi di consegna dei pezzi di ricambio di poco superiori ai 2 giorni».
Anche l’Unione Nazionale Consumatori è intervenuta con un commento in merito alla sanzione da parte dell’Antitrust a DR.
«Le informazioni date ai consumatori devono essere sempre veritiere. Siamo per la libera circolazione delle merci e dei fattori produttivi, anche se certo ci piacerebbe che le aziende italiane dessero lavoro ai nostri concittadini. Quando un’azienda delocalizza è sempre una sconfitta del Paese. In ogni caso l’informazione deve essere corretta, non deve falsare il comportamento economico del consumatore medio, anche se non è sempre facile stabilire il confine tra quando un prodotto è made in Italy oppure no. L’importante è che le informazioni date ai consumatori siano esatte e non si omettano quelle rilevanti per prendere una decisione consapevole di natura commerciale», afferma Massimiliano Dona, presidente UNC.
«Quanto alla mancata assistenza post-vendita e la mancata o ritardata fornitura di pezzi di ricambio si tratta di un sacrosanto inviolabile diritto del consumatore», conclude Dona.