Secondo quanto dichiarato dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il ricorso al Superbonus ha permesso a molti italiani di ristrutturare casa ed avere, adesso, un immobile la cui rendita catastale potrebbe, in alcuni casi, non corrispondere a quella precedente. Da qui la volontà di dare il via ad una serie di verifiche e, parallelamente, mettere mano alla ventilata revisione del catasto che, oltre a regolarizzare eventuali immobili “fantasma”, potrebbe portare ad un generale aumento della tassazione. Cosa sta succedendo veramente? Cosa attendersi nel prossimo futuro? Rispondono Francesco Cataldi e Alfredo Iannitelli, presidente e consigliere dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
Case e rendite catastali: dopo il Superbonus potrebbe aumentare la rendita catastale e, quindi, l’importo dell’Imu. Cosa sta succedendo? Quali sono le tipologie di case coinvolte nell’operazione?
«Come sappiamo, recentemente il ministro dell’Economia Giorgetti durante un’audizione parlamentare ha dichiarato “Andremo a verificare se chi ha usufruito del superbonus 110% ha aggiornato i dati catastali”. Ovviamente tale affermazione sta generando preoccupazione per gli addetti ai lavori e per i proprietari degli immobili oggetto di superbonus ma occorre precisare che l’obbligo di aggiornare le rendite catastali dopo i lavori del superbonus era già previsto dalla Legge di bilancio 2024. In sostanza, il Fisco, per chi non ha provveduto, procederà a cambiare d’ufficio la rendita catastale dell’immobile e questo può portare ad un aumento delle imposte per chi ha usufruito del superbonus. Occorre precisare che non tutti i lavori di superbonus comportano l’obbligo di effettuare la variazione della rendita catastale. Questo obbligo, ad oggi, c’è solo quando per l’immobile viene aumentato il numero di vani o quando viene incrementata la sua volumetria. Altra condizione di aumento della rendita catastale si ha al verificarsi di alcune condizioni come, ad esempio, quando siano stati effettuati lavori come la realizzazione del cappotto termico o l’istallazione di impianti fotovoltaici che superano un determinato kilowatt. Per quanto riguarda l’IMU si ricorda che rimane l’esonero dell’imposta sulla prima casa; quindi, sostanzialmente tale modifica non incide sull’imposta. Mentre le seconde case che verranno colpite dalla rivalutazione della rendita sicuramente pagheranno più imposta municipale unica. Tutti i contribuenti, quando si parla di rendita catastale, pensano direttamente all’Imu ma bisogna tener conto che tale norma potrebbe far scaturire anche un aumento sull’Isee e sul reddito lordo ai fini Irpef. Gli immobili coinvolti a questa operazione saranno quelli “residenziali” che hanno usufruito del superbonus con categoria catastale: A/2-3-4-5-6-7-11, e quelli in B/1, B/2 e D/4 ma solo se i beneficiari dell’incentivo svolgano attività assistenziali o di tipo sociosanitario. Vorremmo far notare che, come precisato dalla circolare 24/E/2020 dell’agenzia delle Entrate, le spese di revisione della rendita catastale non possono ritenersi un costo strettamente collegato alla realizzazione degli interventi agevolati con il superbonus, ragione per cui non sono detraibili. Forse se tale spesa fosse rientrata “nel 110” molti più contribuenti si sarebbero messi in regola nei tempi giusti».

Francesco Cataldi presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili
Quali sono le città maggiormente colpite? A chi giova una riforma del genere?
«Per avere un quadro più completo bisognerà attendere l’analisi delle dichiarazioni dei redditi fino al 2026 visto che per certe zone del paese, quelle sismiche, è ancora possibile usufruire del superbonus. I dati Enea vedono la Lombardia come regione che ha effettuato maggiori investimenti in superbonus seguono Emilia Romagna, Veneto e Lazio. Ultima la Valle d’Aosta. Si stima che le unità immobiliari coinvolte potrebbero essere attorno a 1,5 milioni, ma tale dato va verificato a termine del superbonus. Sicuramente tale norma farà aumentare le casse dello Stato ma riteniamo che per aver un “giovamento” bisogna parlare di riforma complessiva del catasto poiché questi interventi “a macchia di leopardo” da un lato ci avviano ad un processo di riforma ma non colmano diverse lacune su cui il legislatore dovrebbe intervenire per ponderare degli squilibri intriseci a tutto il sistema del catasto attuale».
La decisione del governo farebbe aumentare anche le imposte di registro e l’Iva sulle compravendite. Quali conseguenze per il settore immobiliare italiano?
«In nostro vigente sistema di tassazione degli immobili si basa per la gran parte delle operazioni sul valore catastale. Se l’atto di compravendita non è soggetto ad IVA e l’acquirente non è titolare di partita IVA, è possibile calcolare le imposte di compravendita non in base al valore di vendita dell’immobile, ma in base al suo valore catastale. Questa possibilità, detta anche sistema Prezzo-Valore offre alcuni vantaggi, anche di tipo fiscale. Sicuramente l’imposta di registro per le compravendite, senza entrare in tecnicismi, si calcola partendo dal valore catastale quindi è facile comprendere che un valore catastale più alto genera imposta più alta. Il valore di mercato, invece, spesso prescinde dal valore catastale e in caso di compravendita l’iva si calcola esclusivamente sul valore di mercato. Ovviamente il settore immobiliare sarà quello che avvertirà di più “il colpo” delle rivalutazioni delle rendite poiché aumenterà la base imponibile per il calcolo delle imposte. Tale settore è fortemente condizionato dal settore edile che seppur ha visto degli anni di forte incremento, proprio grazie al 110, andrà a scontrarsi con il mercato immobiliare che negli ultimi anni sta calando e difficilmente tale norma potrà invertire il trend, anzi».
Si parla anche di aggiornamento del catasto. Cosa significa? Facciamo chiarezza
«A nostro avviso una riforma totale del catasto andrebbe fatta a prescindere dalla rivalutazione delle rendite catastali da 110 che risulta essere solo un piccolo passo. Dalla pratica professionale spesso notiamo che esistono varie disparità nei vari territori della penisola ma soprattutto diventa più grave quando ci sono delle disparità ed incongruenze all’interno della stessa città. Per esempio, molte zone che prima erano definite “popolari” con il passar degli anni sono diventate “residenziali” oppure appartamenti classificati A/3 (Abitazioni di tipo economico) o addirittura A/6 (Abitazioni di tipo rurale) di fatto sono A/1 (Abitazioni di tipo signorile) senza che negli anni ci sia stato nessun aggiornamento, adeguamento o controllo catastale. Tutto ciò oltre ad aumentare le disparità tra proprietari di immobili e professionisti ligi al dovere con proprietari di immobili e professionisti meno scrupolosi genera mancate risorse erariali. Ci vuole una riforma complessiva del catasto italiano, vanno considerati molti più parametri e fattori, come per esempio l’efficientamento energetico e la staticità degli edifici, che con il vigente sistema catastale non vengono considerati».
Una riforma a 360 gradi sul catasto italiano che non sarà semplice, ma, concludono i due esperti, risulta essere necessaria anche per una questione di equità sociale oltre che economica.