Un pianeta sempre più povero di biodiversità, soprattutto per quanto riguarda gli animali selvatici e in balia dei cambiamenti climatici, l’uomo che tanta responsabilità ha nell’aver compromesso l’ecosistema, può ancora fare tanto e invertire la direzione. Questo e tanto altro emerge dall’intervista con Dante Caserta, Responsabile Affari Legali e Istituzionali del WWF che ha parlato con il nostro direttore editoriale Matteo Vallero del lavoro dell’associazione ambientalista in Italia e nel mondo negli studi romani di Business24.
Iniziamo con il definire il vostro impegno e lavoro cosa fa sia a livello internazionale che nazionale?
«Siamo un’organizzazione mondiale nata nel 1961 in Svizzera come fondo per la tutela principalmente della fauna e degli animali in via di estinzione caratterizzandosi fin dall’inizio con il logo del Panda, diventato così famoso. Negli anni ci siamo allargati nel campo d’azione alle tematiche dell’inquinamento, fino ai cambiamenti climatici, tema centrale di questi ultimi tempi. L’Italia fu una delle prime a aderire diventando una vera e propria associazione, quindi presente sul territorio. La caratteristica di WWF Italia è sicuramente la gestione diretta delle aree protette che tutelano habitat e luoghi protetti».
Quali sono gli animali più a rischio e cosa comporta per il pianeta? La bella notizia è che alcune specie invece tornano a crescere…
«Ad esempio il simbolo del WWF, il panda, sta meglio di come stava molti anni fa. L’uomo, che è responsabile di danni gravissimi, quando vuole può e sa rimettere a posto delle situazioni gravi. Come per esempio il lupo che era in via di estinzione fin dagli anni ’70 ora si è ripreso e si sta diffondendo in tutto l’appennino fino alle alpi. Certo, alcune specie sono in condizioni gravi, alcune specie non vengono neanche scoperte e vengono dichiarate estinte. In Italia al momento ci sono delle specie a rischio come l’orso bruno marsicano che si trova solo nell’appenino centrale, in particolare nel parco nazionale d’Abruzzo, è la specie più a rischio in Italia ce ne sono solo 50/60 esemplari. Si trova solo qui e se la perdiamo sarà per sempre, ovunque».
Inevitabilmente dobbiamo affrontare il tema dei cambiamenti climatici, cosa fa il WWF in merito e qual è il vostro allarme, considerando che sono anni che l’associazione si batte in tal senso? Quali sono gli impatti a livello economico?
«Il cambiamento climatico è un problema a livello globale e il WWF agisce in tutto il pianeta. Negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti nei trattati, dobbiamo sperare che vengano mantenuti nell’applicazione concreta. Quello che pensavamo fosse un problema delle generazioni future lo stiamo percependo chiaramente in questo momento, se pensiamo solo al fenomeno del dissesto idrogeologico. Questi fenomeni, oltre ad avere un impatto terrificante sulle morti, hanno conseguenze e un impatto economico. La nostra azione è spingere i Paesi, attraverso un ambientalismo scientifico, in questa direzione, ovvero far comprendere i problemi, agendo anche affinché i comuni possono fare delle scelte sostenibili. Gli impatti economici sono rilevanti, il problema ambientale è avvertito anche dal mondo economico. Le assicurazioni iniziano a porre in modo consistente il problema di assicurare imprese o cittadini rispetto a questi effetti meterologici estremi. Basterebbe questo per far capire come sta cambiando la mentalità, al momento stiamo subendo il problema e non lo stiamo affrontando nel modo giusto. Le conseguenze saranno sicuramente importanti».
L’intervista completa a Dante Caserta (Responsabile affari legali e istituzionali del WWF) è andata in onda sul canale 410 del digitale terrestre
Parliamo di alcune specie autoctone, soprattutto in occasione dell’inondazione in Emilia Romagna c’è stato tutto un filone che ha puntato il dito su alcuni animali come roditori, nutrie, additati come colpevoli per la distruzione dei letti dei fiumi. Possiamo considerarla come una spiegazione possibile?
«In determinate situazioni abbiamo ricevuto precipitazioni nel giro di due ore che non si erano registrate nei due mesi precedenti, in un territorio totalmente antropizzato e fortemente cementificato, non più capace di assorbire acqua, non ci sono spazi in cui i fiumi possano esondare liberamente perché tutto costruito. In un territorio come questo dare la colpa alle nutrie mi sembra una esagerazione, questo non significa che in alcune circostanze una presenza tale non possa creare dei problemi. Ci sembra una scusa per non volere affrontare davvero il problema che da un alto è combattere il cambiamento climatico e mettere in atto dei piani di adattamento per fare in modo di ridimensionare i danni. Abbiamo pensato di fare interventi per controllare i fiumi che invece non avviene. Secondo noi il mix cambiamento climatico, precipitazioni straordinarie e cementificazione è molto più grave di qualsiasi problema che possa determinare una nutria».
Tutelare le biodiversità, salvare dall’estinzione gli animali a rischio e combattere i cambiamenti climatici: cosa vuol dire in termini di pil per il mondo ma soprattutto per un paese come l’Italia che vive di tante sfaccettature ambientali?
«Il mondo imprenditoriale è più avanzato di quello politico nel fare profitto, creare occupazione e occasione di crescita. Si sta sviluppando un settore molto presente, pensiamo a quello delle fonti rinnovabili. Noi chiediamo di spostare i sussidi dalle fonti fossili a quelle rinnovabili perché in Italia abbiamo tante opportunità in tal senso. Anche per quanto riguarda il turismo, quello green e sostenibile, quando siamo stati chiusi per la pandemia, il primo desiderio che abbiamo soddisfatto è stato quello di tornare in natura, questo fa capire quanto redditizio e che valore abbia la natura anche a livello di opportunità lavorative».
Di fronte a fenomeni climatici sempre più estremi, frequenti e devastanti molte specie stanno tentando di reagire a tali cambiamenti, come alcuni uccelli migratori che stanno cambiando periodi di arrivo e di partenza anno dopo anno, fioriture che anticipano le tempistiche e le specie montane che si spingono, finché possono, sempre più in alta quota. Il WWF cerca di dare risposte e non porre solo domande. Soprattutto allerta il mondo scientifico, politico e anche imprenditoriale sul prezzo che stiamo pagando non solo in termini ambientali ma anche economici.