Tempi di attesa lunghi, eccessiva differenza tra i livelli di servizio tra una regione e l’altra, mancanza di personale, carenza di medici di base sul territorio e persino l’aumento di alcune prestazioni.
Sono ben noti a tutti gli italiani i problemi in cui versa la sanità pubblica italiana ulteriormente aggravati dalla pandemia sanitaria che ha svelato in tutta la sua portata l’impatto del taglio dei posti letto nei reparti, avvenuto negli anni scorsi, sui tempi di attesa per un ricovero ospedaliero.
Nonostante ciò, tuttavia, qualora non ci fosse più il Servizio Sanitario Nazionale, pur con tutte le sue criticità, il conto delle cure sarebbe assai salato per tutti i cittadini.
Va considerato che l’Italia con i suoi 443 euro di media a posto letto ospedaliero si posiziona al 26esimo posto nel mondo. Quanto costa quindi un ricovero ospedaliero in molti Paesi del mondo?
«L’Italia si colloca al 26º posto con un costo medio di 443 euro al giorno per un ricovero ospedaliero, una posizione intermedia rispetto ai Paesi europei e mondiali. Questo costo riflette diversi fattori, tra cui il livello delle infrastrutture sanitarie, i salari del personale, il prezzo dei farmaci e il supporto pubblico ai sistemi sanitari. A differenza di Paesi come il Lussemburgo o la Norvegia, dove i costi sono significativamente più elevati, l’Italia mantiene costi relativamente contenuti grazie a un sistema sanitario pubblico robusto, ma senza i costi alti dei Paesi con standard di vita e stipendi mediamente più alti».
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Soprattutto per chi viaggia è utile conoscere i costi, così da poter stipulare assicurazioni sanitarie adeguate per fronteggiare qualsiasi emergenza.
L’Europa è la patria di alcuni dei Paesi in cui il conto può essere più salato in caso di problemi di salute. Il Lussemburgo, ad esempio con i suoi 1.648 euro per il costo giornaliero di un posto letto ospedaliero, la Norvegia (1.221 euro), Monaco (955 euro) e la Svizzera (802 euro) sono tra i 5 Paesi in cui un giorno di ospedale è il più costoso al mondo.
Nel resto del mondo, solo il Qatar (1.189 euro) supera i 1.000 euro per un giorno di degenza. Anche molti altri Paesi europei superano i 500 euro per giorno di degenza, così come gli Stati Uniti (584 euro) e il Canada (540 euro).
Zoom: un’appendicectomia può superare il costo di 40mila euro in Usa e Canada
Un attacco di appendicite è probabilmente in cima alla lista, dei piccoli interventi che possono incorrere anche se ci troviamo fuori del nostro Paese di appartenenza.
Aggregando i dati forniti dalle compagnie di assicurazione e dai sistemi sanitari pubblici nazionali, siamo riusciti a stilare il costo di un’appendicectomia in 16 delle destinazioni turistiche più popolari al mondo.
I risultati mostrano disparità dell’ordine di 1 a 40 tra un Paese come la Francia (1.025 euro in media per questo intervento) e i Paesi del Nord America (oltre 41.000 euro negli Stati Uniti e in Canada).
Tra i 100 Paesi più costosi per un giorno di degenza ospedaliera, l’Italia, come abbiamo visto in precedenza, è al 26esimo posto, con un costo medio di 443 euro.
Quando si verifica qualcosa di grave, per esempio, una gamba rotta, un’appendicite o la malaria, la permanenza in ospedale può spesso durare molto più di un giorno. I viaggiatori o chi si reca per lavoro all’estero dovrebbero quindi essere ben consapevoli dei costi che potrebbero sostenere per accedere all’assistenza sanitaria e stipulare una copertura assicurativa di conseguenza.
«A livello globale, il costo medio di un giorno di ricovero ospedaliero varia notevolmente, ma si attesta intorno ai 400-500 euro, a seconda del Paese e del sistema sanitario in vigore. Il Paese più virtuoso in termini di contenimento dei costi potrebbe essere considerato un Paese come la Francia, dove il costo di un’appendicectomia è significativamente inferiore rispetto ad altri Paesi occidentali (1.025 euro rispetto a oltre 40.000 euro negli Stati Uniti). La virtuosità è spesso legata all’efficienza dei servizi sanitari pubblici e alla copertura assicurativa universale, che permette un controllo più rigido sui costi sanitari», HelloSafe.
Confronto costi con il privato
Se si esclude quella parte della popolazione in grado di accedere a numerose prestazioni ricorrendo alla coperture offerte dalle polizze salute, e ai centri medici convenzionati con diverse compagnie assicurative, molti cittadini dovrebbero attingere ai risparmi accumulati nel corso di una vita pur di far fronte al costo.
I ricoveri nel privato implicano un esborso a tre zeri”: per un ricovero che richiede da una bassa a un’alta complessità assistenziale il costo richiesto va dai 422 a 1.278 euro al giorno.
In caso di ricovero a carico del paziente vi sono tuttavia persino altri costi tra cui:
- 1.200 euro all’ora per la sala operatoria;
- 600 euro al giorno per la degenza in un reparto chirurgico;
- 400 euro al giorno per la degenza in un reparto di medicina;
- 165 euro al giorno per un ricovero ordinario post acuzie.
Il costo ovviamente sale quando si tratta di interventi chirurgici. Un intervento di colecistectomia (che consiste nell’asportazione della colecisti) nel privato costa al paziente da 3.300 europer una colecistectomia laparoscopica semplice a 4.000 euro per una colecistectomia laparoscopica complessa.
La parcella del chirurgo va invece dai 3.000 a 10.000 euro. Un check up cardiologico costa al paziente in modo diverso a seconda del sesso: per gli uomini costa 345 euro se di età inferiore ai 40 anni e 395 euro se di età superiore.
Il costo è ancora più elevato invece per le donne: il costo sale a 694 euro (con mammografia) per le donne di età inferiore ai 40 anni e a 775 euro per quelle di età superiore ai 40 anni.
Italia: costo dei posti letto e i rischi dei confronti internazionali
Se il costo dei posti letto in Italia, regge il confronto con alcuni Paesi sia in Europa che nel resto del mondo, risulta particolarmente elevato al pari di altri paesi come Francia e Germania.
La spesa per posto letto nel nostro Paese sarebbe pari al 188% di quella tedesca e al 130% di quella francese. Premesso che il confronto tra paesi richiederebbe uno studio comparato dei diversi sistemi e del loro funzionamento, oltre ad un esame approfondito delle informazioni reperibili dalle banche dati internazionali, e non potendo svolgere una simile analisi in queste brevi righe, ci si limita a segnalare che il quadro potrebbe essere in parte diverso e che le riflessioni su questi problemi dovrebbero essere un poco più accorte, sia nella scelta dei dati, sia nell’interpretazione dei risultati.

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«I ricoveri ospedalieri rappresentano una parte sostanziale dei costi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sebbene la percentuale esatta possa variare leggermente da regione a regione. Tuttavia, in media, questi costi costituiscono una fetta considerevole della spesa sanitaria totale, poiché includono non solo le spese di degenza ma anche il personale, le infrastrutture e le risorse mediche essenziali», HelloSafe.
«In generale, i reparti di terapia intensiva e quelli specialistici hanno i costi maggiori a causa delle attrezzature avanzate e del personale altamente qualificato richiesto. In Italia, esiste una certa variazione nei costi tra le regioni del Nord e del Sud, con le regioni del Nord che tendono ad avere costi mediamente più elevati, riflettendo la qualità e l’accesso a infrastrutture avanzate. Questa disparità può essere attribuita alle differenze economiche regionali e agli investimenti in sanità, tipicamente più consistenti nel Nord», HelloSafe.
Questi dati emergono rapportando al numero complessivo dei posti letto per cura, riabilitazione e lungodegenza, la spesa complessiva della Pubblica Amministrazione per la funzione relativa ai servizi ospedalieri (Classification of Functions of Government, COFOG).
Si tratta della spesa complessiva, che include la formazione lorda del capitale (investimenti lordi), e l’aggregato comprende anche il trasporto dei pazienti. Gli autori ammettono di aver costruito un indicatore piuttosto grezzo.
Ma i dubbi sorgono soprattutto dal fatto che la spesa della Pubblica Amministrazione per servizi ospedalieri (fonte Eurostat, Government statistics) in Germania rappresenta una quota pari al 2,8% del Pil, esattamente come quella italiana, mentre quella francese arriva al 3,4%; a sua volta la spesa complessiva per la funzione sanità risulta pari al 7,2% del PIL in Germania, contro l’8,1% in Francia e il 6,8% in Italia.
Questi dati sembrano sottovalutare significativamente l’impegno di spesa della Germania nella sanità, notoriamente maggiore, forse perché la spesa della Pubblica Amministrazione non esaurisce lo sforzo pubblico per la sanità in un sistema à la Bismarck, fondato su mutue e assicurazioni a contribuzione obbligatoria.
Se si guarda invece ai dati di spesa sanitaria generalmente utilizzati nei confronti internazionali, quelli prodotti dal sistema dei conti della sanità (system of health accounts, SHA), che riporta informazioni sulla spesa corrente nei diversi sistemi sanitari ed è in linea con le regole contabili dettate dal Sistema europeo dei conti (SEC 2010), si ottiene che la spesa sanitaria relativa agli schemi pubblici e a quelli basati su contributi obbligatori è pari, per la Germania e per la Francia, quasi al 9,5% del PIL, contro il 6,5% dell’Italia (Eurostat).
Rapportando la spesa rilevata da SHA per gli schemi pubblici e quelli basati su contributi obbligatori per ricoveri di cura, riabilitazione e lungodegenza (ricoveri ordinari e day hospital) al numero totale di posti letto si ottiene che la spesa per posto letto in Italia è più elevata del 55% rispetto a quella tedesca e dell’8% rispetto a quella francese. Le distanze sono dunque di gran lunga inferiori a quelle che emergono usando la spesa per funzioni COFOG.
Estendendo poi il confronto anche agli altri paesi europei si osserva che il costo per posto letto è inferiore a quello italiano nei paesi dell’Europa orientale e meridionale, e poi in Germania, Austria, Belgio e Francia, mentre è superiore in Lussemburgo, Regno Unito, Paesi Bassi, Irlanda, Svizzera, Liechtenstein e paesi nordici.
Le differenze geografiche sembrano dunque riflettere le note distanze tra gruppi di paesi che emergono in tanti altri fenomeni economico-sociali.
La vera sorpresa è rappresentata dalla Germania, nonché dall’Austria, che ci saremmo aspettati di trovare in una posizione più vicina ai paesi scandinavi, dove invece è collocato il National Health Service del Regno Unito, nel complesso, come quello italiano, notoriamente poco costoso, la spesa sanitaria corrente complessiva è pari a circa il 7,6% del Pil.
Spesa per posto letto
La spiegazione di questi risultati non sembra risiedere in un diverso tasso di copertura dei posti letto, almeno per quanto riguarda i tre paesi sui quali è stata principalmente puntata l’attenzione.
Quello dei posti per cura non per riabilitazione o lungodegenza infatti nel 2017 è stato pari al 79,8% in Germania e al 78,9% in Italia, un poco più basso in Francia, per la quale il dato 2017 non è disponibile e quello del 2016 è pari a 75,6%.
Una indicazione interessante emerge invece dal seguente grafico, che evidenzia la presenza di una qualche associazione negativa tra spesa per posto letto e posti letto per 100.000 abitanti, mostrando che la prima è tendenzialmente tanto più alta quanto minore è la disponibilità di posti letto e viceversa.
Associazione tra spesa per posti letto e posti letto per 100.000 abitanti
Le differenze tra paesi possono dipendere dall’organizzazione complessiva dei sistemi sanitari.
Quando le cure sono maggiormente incentrate nell’ospedale, ovvero vengono assicurate più spesso attraverso ricoveri, altra e diversa questione sono le attività di specialistica ambulatoriale svolte dagli ospedali, probabilmente il livello medio di complessità delle prestazioni erogate ai pazienti ricoverati (inpatient) è minore, e di conseguenza lo è anche il costo medio del ricovero e del posto letto.
Se si moltiplica la spesa per posto letto per il numero di posti letto per 100.000 abitanti, si ottiene un indicatore di spesa per 100.000 abitanti.
L’Italia è collocata al centro della graduatoria, mentre si evidenzia che la Germania spende di più per curare lo stesso numero di abitanti. Ma forse garantisce attraverso i ricoveri trattamenti che altrove sono forniti sul territorio. Resta il fatto che il sistema tedesco, incentrato sull’ospedale, risulta complessivamente più costoso.
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In definitiva, in generale, i confronti internazionali offrono informazioni molto interessanti, ma da interpretare con qualche cautela. In particolare, una spiegazione del taglio dei posti letto in Italia come conseguenza di un loro costo relativamente elevato appare poco fondata.
La riduzione dei posti letto, accompagnata da quella del personale, ha rappresentato piuttosto un tentativo di sfruttare il progresso medico e tecnologico, che consentiva di ridimensionare il ruolo degli ospedali nelle cure, per assicurare un contributo rilevante da parte della spesa sanitaria all’obiettivo del riequilibrio delle finanze pubbliche.
Tale contributo è stato garantito, in effetti, soprattutto nel periodo della Grande Recessione, mentre in altri paesi europei come la Francia o la Germania la spesa continuava a crescere.
Il problema è che l’operazione avrebbe dovuto essere accompagnata da un rafforzamento dell’assistenza territoriale, rivelatosi invece del tutto insufficiente, in assenza di risorse da investire.
Ne sono derivate una serie di tensioni che hanno portato il sistema a lavorare spesso al massimo della capacità o imponendo forme di razionamento, malgrado gli indicatori siano rimasti favorevoli in termini di efficacia e appropriatezza.