Anche Confindustria, come i sindacati, dice no alla Manovra varata dal Governo. La vorrebbe più “incisiva” ed avverte che “al momento non offre risposte adeguate ai problemi e ai rischi segnalati“, quelli di “perdere base produttiva“, “soprattutto perché non appare in grado di invertire quella tendenza a livelli di crescita da zero virgola“. Lo ha indicato il dg Maurizio Tarquini in audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato.
Soffermandosi sulle misure fiscali Confindustria sottolinea più in generale quanto oggi “occorra dare un segnale forte per rendere più attrattivo il Paese” rilanciando la richiesta di “un meccanismo di Ires premiale“. «I vincoli di bilancio possono essere rispettati – sottolinea – intervenendo già solo nelle pieghe della manovra” con una diversa e più produttiva, composizione degli interventi: un esempio è l’accorpamento da quattro a tre degli scaglioni di reddito rilevanti a fini Irpef e il taglio delle detrazioni per i redditi superiori a 75 mila euro annui. Misure che, nel primo caso, apporteranno un contributo poco significativo e, quindi, poco percepibile per i soggetti interessati e che, nel secondo caso, rischiano di produrre effetti macroeconomici negativi. Ed anche gli interventi di sostegno al reddito che sostituiscono il taglio del cuneo contributivo potrebbero essere rimodulati, per destinare risorse ad altri capitoli e limare ulteriormente alcuni effetti distorsivi di disincentivo al lavoro. In questo modo si potrebbero recuperare circa 1,7 miliardi”. “E non dobbiamo dimenticare – aggiunge Tarquini – che ogni anno destiniamo solo il 50% dei proventi delle aste Ets alla finalità prevista dalle norme europee, cioè la transizione energetica. Si tratta di circa 1,7 miliardi di euro sottratti alla competitività delle imprese».
Secondo Confindustria l’economia è in sostanziale stallo e gli ultimi dati Istat rendono “improbabile la crescita all’1% prevista dal Governo e difficile quella allo 0,8% stimata dai principali previsori, incluso il nostro Centro studi“.