Il viaggio nel mondo dei BRICS continua alla scoperta dei nuovi membri. La Repubblica Islamica si sta attivando su più fronti per ampliare e rafforzare i legami, soprattutto economici, con le grandi potenze alternative al fronte occidentale. L’ultimo, in ordine di tempo, è l’ufficializzazione del suo ingresso nei BRICS, ingresso che apre a Teheran nuovi confini e numerose opzioni di scambi e collaborazioni. Quali opportunità si aprono per l’Iran? A rispondere è Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Dal primo gennaio del 2024 l’Iran è membro dei BRICS e già si parla di un’intesa tra Cina e Iran come passo strategico per entrambi i Paesi. Quali sono i vantaggi che una simile alleanza potrebbe portare sia a Pechino che a Teheran? E quali i vantaggi per la repubblica islamica come membro dei BRICS?
«Il recente vertice dei BRICS tenutosi a Kazan, il primo dell’Iran come membro a tutti gli effetti del Blocco, è stato teatro anche dell’incontro tra il Presidente cinese, Xi Jinping, e quello iraniano, Masoud Pezeshkian. Nell’occasione, i capi dei due Paesi hanno sottolineato l’importanza strategica delle relazioni tra Pechino e Teheran, impegnati nel sostenersi reciprocamente. Per l’Iran, tuttavia, una crescita duratura potrebbe richiedere una revisione della sua politica di influenza regionale e delle sue ambizioni nucleari. Ridurre tali tensioni aiuterebbe a facilitare l’accesso ai benefici economici e diplomatici derivanti dalla cooperazione con la Cina e dalla recente appartenenza ai BRICS. La Cina è stata ferma sostenitrice dell’annessione dell’Iran ai BRICS, insieme ad altri tre Paesi del Medio Oriente: Egitto, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Al di là dei rapporti bilaterali con Teheran, il rafforzamento dei legami con questa regione rappresenta un punto importante della politica estera di Pechino, che mira ad espandere la propria influenza e a promuovere la costruzione di coalizioni tra i Paesi del Sud globale, traducendo così il suo peso economico in un sostegno tangibile che favorisca le sue ambizioni. Per la Cina, l’intesa con l’Iran ha quindi un risvolto primariamente politico, permettendole di contrapporsi in maniera strategica agli interessi statunitensi nell’area medio-orientale e di consolidarsi come leader in questa cruciale area geografica. La regione è particolarmente importante anche per la realizzazione della “Nuova Via della Seta”, una rete globale di infrastrutture che collega la Cina all’Europa, passando per Asia centrale e Medio Oriente; un progetto che ha valenza sia politica che economica. Infine, la Cina può avere accesso a forniture di petrolio iraniano a costi ridotti, sfruttando il vantaggio di un mercato ristretto a pochi acquirenti. Anche per l’Iran i vantaggi sono ambivalenti. Essere membro dei BRICS permette al Paese, ad esempio, di ridurre l’isolamento causato dalle sanzioni internazionali, in particolare quelle imposte dagli Stati Uniti, di rafforzare le relazioni commerciali con diversi stati e di attrarre investimenti esteri. In questo senso, avere l’appoggio di Pechino è fondamentale. Pezeshkian ha affermato che la Cina è il partner più importante per l’Iran, che spera di approfondire la cooperazione bilaterale in materia di connettività, infrastrutture ed energia pulita con il leader mondiale in settori strategici come la tecnologia 5G, l’intelligenza artificiale e le energie rinnovabili».
Quando si parla di Iran è impossibile non pensare al petrolio. Quali sono gli altri pilastri che reggono l’economia nazionale? Volendo fare una fotografia dell’attuale situazione, qual è il peso attualmente ricoperto dal petrolio sul PIL di Teheran?
«Benché Teheran sia uno dei principali produttori di petrolio a livello mondiale e il settore petrolifero rappresenti il 23% del PIL nazionale, l’oro nero non rappresenta la primaria fonte di energia per il bilancio iraniano. Secondo dati Statista, è il settore dei servizi, che copre circa il 50% della produzione totale, a trainare l’economia. A seguire, si osserva che manifattura ed estrazione mineraria, insieme, costituiscono circa il 20% del Pil. Questi settori comprendono industrie vitali, come quella automobilistica e metallurgica, che stanno iniziando a vedere una certa ripresa nonostante le sanzioni e le sfide economiche. L’agricoltura, pur rappresentando una quota più piccola del PIL, contribuisce con il 10% e rimane una fonte importante di occupazione e sicurezza alimentare per la popolazione»
Come molte altre nazioni del Medio Oriente e del Nord Africa, anche l’Iran, in passato è stato protagonista di un processo di industrializzazione finanziato dai proventi del petrolio. Ma le altre nazioni, adesso, puntano ad una diversificazione dell’economia che include anche voci come il turismo e i finanziamenti esteri. Anche Teheran prevede una strategia di diversificazione dei proventi?
«La diversificazione economica è fondamentale per l’Iran per generare una crescita in linea con il suo piano economico 2025. Per questo Teheran ha effettivamente iniziato a perseguire una strategia per ridurre la sua dipendenza dal petrolio, con investimenti in settori come l’industria, l’agricoltura, la tecnologia e il turismo. Tuttavia, le difficoltà legate alle sanzioni, alla corruzione interna e all’instabilità politica rallentano questo processo. Gli sforzi profusi per lo sviluppo di settori come l’industria automobilistica, la produzione di cemento, l’elettronica e la siderurgia, hanno portato a un aumento della produzione di macchinari, attrezzature e beni di consumo, anche se la loro affermazione si scontra con un ambiente economico caratterizzato da inefficienza e da una scarsa apertura a investimenti esteri. Ne è esempio il settore automobilistico: l’Iran è uno dei maggiori produttori di automobili in Medio Oriente, con marchi come Iran Khodro e Saipa, ma la produzione ha subito un rallentamento a causa delle difficoltà finanziarie, delle sanzioni che impediscono l’accesso alle tecnologie moderne e del rallentamento dell’industria automobilistica globale. La tecnologia è un altro degli ambiti in cui l’Iran sta cercando di investire, in particolare nelle comunicazioni e nella produzione di software. Il governo vuole promuovere l’innovazione tecnologica e rafforzare i settori delle startup, intelligenza artificiale, e tecnologia dell’informazione. Le università iraniane, tra cui l’Università di Teheran e l’Università Sharif, sono tra le più rinomate in Medio Oriente per la ricerca scientifica, e l’Iran ha sviluppato competenza tecnologica in aree come software, e-commerce, telecomunicazioni e scienza spaziale. Se il paese riuscirà a superare gli ostacoli strutturali e a promuovere un ambiente economico più aperto e moderno, la crescente apertura al mercato asiatico, in particolare con la Cina, e l’interesse verso l’innovazione tecnologica potrebbero rappresentare motori di sviluppo per l’Iran negli anni a venire».
La popolazione iraniana è in forte crescita e, negli ultimi cento anni, è più che raddoppiata. L’elemento demografico, contando su una popolazione giovane, potrebbe essere un elemento a favore dell’economia?
«Innanzitutto, una popolazione giovane è spesso associata a una forza lavoro dinamica e innovativa, capace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici e alle nuove opportunità di mercato. Secondo un rapporto della Banca Mondiale, l’Iran ha un tasso di natalità relativamente alto, che, combinato con politiche di formazione adeguate, potrebbe portare a un aumento della produttività e della competitività. Istruzione e formazione professionale, infatti, sono cruciali per garantire che i giovani possano partecipare attivamente all’economia. In secondo luogo, una popolazione crescente significa anche un mercato interno in espansione, il che può attirare investimenti e stimolare il consumo. L’aumento della domanda interna potrebbe incentivare le imprese a investire in nuovi progetti e ad espandere la loro produzione, contribuendo così alla diversificazione economica di cui l’Iran ha bisogno per ridurre la sua dipendenza dal petrolio. Tuttavia, ci sono delle sfide associate a questa crescita demografica. La Banca Mondiale e altre fonti avvertono che, senza politiche adeguate, un aumento della popolazione può esercitare pressione sui servizi pubblici, sull’occupazione e sull’infrastruttura».
Pertanto, conclude Debach, è essenziale che il governo iraniano implementi strategie lungimiranti che non solo sfruttino il potenziale della popolazione giovane, ma che affrontino anche le problematiche derivanti da un’elevata crescita demografica, come la disoccupazione giovanile e l’accesso ai servizi di base.