Al via a Baku la quarta giornata della Conferenza Onu sul clima, dedicata ad energia e sicurezza. Oggi il focus è sull’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza e sulla pace, con i rischi di guerre e migrazioni legate alla siccità, alla distruzione delle colture, alle inondazioni.
Sul tavolo anche il problema dei ristori per le perdite e i danni (loss & damage) e quello dell’adattamento al clima che cambia.
L’altro tema sarà lo sviluppo delle fonti pulite e l’abbandono dei combustibili fossili, in particolare nei paesi in via di sviluppo, dove mancano i fondi per la transizione.
Salvare il mondo costa 1000 miliardi l’anno fino al 2030 e poi 1.300 miliardi l’anno fino al 2035. Sono i costi stratosferici della transizione energetica per i Paesi in via di sviluppo. E’ quanto si legge nel terzo rapporto del Gruppo di esperti indipendenti di alto livello sulla finanza climatica, organismo di consulenza delle Cop dal 2021, sostenuto dalla Brokings Institution e dalla London School of Economics.
Secondo il rapporto occorre triplicare il fondo da 100 miliardi di dollari previsto dall’Accordo di Parigi e in scadenza nel 2025, concentrandosi sulle sovvenzioni e non sui prestiti. Occorre poi aumentare i finanziamenti da parte delle banche multilaterali di sviluppo, che dichiarano di essere ingrado di erogare 120 miliardi di dollari all’anno. Serve un aumento degli investimenti del settore privato, e occorre coinvolgere i principali Paesi in via di sviluppo che sono ingrado di fornire sostegno finanziario. Il maggior aumento degli investimenti secondo il rapporto è richiesto nei paesi emergenti e in via di sviluppo diversi dalla Cina. Queste regioni oggi hanno bassi livelli di investimenti e significative esigenze di sviluppo, e sono proiettati a contribuire per oltre il 50% alle emissioni globali nel 2030. Le necessità di investimento sono più chiaramente definite nel settore della transizione energetica.
Secondo nuovi dati frutto di osservazioni e intelligenza artificiale, le città che emettono il gas serra che alimenta il cambio climatico sono quelle dell’Asia e degli Stati Uniti, con Shanghai che risulta la più inquinante. Solo 7 stati o province emettono più di 1 miliardo di tonnellate di gas serra e si trovano tutte in Cina, tranne il Texas, che è al sesto posto nel mondo, secondo i nuovi dati del progetto Còlimate Trace, co-fondato dall’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore e diffusi oggi alla conferenza sul clima di Baku.
L’inquinamento totale da anidride carbonica e metano della Terra è cresciuto dello 0,7% a 61,2 miliardi di tonnellate con il metano, di breve durata ma estremamente potente, in aumento dello 0,2%. I 256 milioni di tonnellate di gas serra di Shanghai superano tutte le città e superano quelli delle nazioni della Colombia e della Norvegia. I 250 milioni di tonnellate di Tokyo si classificherebbero tra le prime 40 nazioni se fosse un paese, mentre i 160 milioni di tonnellate di New York City e i 150 milioni di tonnellate di Houston sarebbero tra le prime 50 emissioni a livello nazionale. Seoul, Corea del Sud, è al quinto posto tra le città con 142 milioni di tonnellate.
I maggiori aumenti di emissioni dal 2022 al 2023 si sono registrate in Cina, India, Iran, Indonesia e Russia , mentre i paesi più virtuosi dove l’inquinamento è diminuito sono Venezuela, Giappone, Germania, Regno Unito e Stati Uniti . Esaminati anche gli inquinanti tradizionali come il monossido di carbonio, i composti organici volatili, l’ammoniaca, il biossido di zolfo e altre sostanze chimiche associate all’aria sporca. La combustione di combustibili fossili rilascia entrambi i tipi di inquinamento, ha affermato Gore. Ciò “rappresenta la più grande minaccia sanitaria per l’umanità”.
Nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo “gli impatti diretti del cambiamento climaticoinfluenzano la crescente scarsità idrica e episodi di gravesiccità, l’insicurezza alimentare, l’alzamento del livello delmare“. Questi impatti portano a “maggiori perdite economiche efinanziarie, tensioni e maggiore instabilità politica econflitti” e “aumento della pressione migratoria“. Lo scrive il think tank italiano per il clima Ecco, secondo cui l’Italia ha un grande potenziale per diventare un attore chiave della politica climatica internazionale a livello globale grazie al suo ruolo nel G7 e nel G20, come stato membro dell’Unione Europea e, a livello regionale, come attore centrale nel Mediterraneo, grazie anche al nuovo corso della politica estera italiana inaugurato dal Piano Mattei. Pertanto, rivela lo studio, “è urgente che l’Italia riconosca la sicurezza climatica come parte integrante della propria politica estera, impegnandosi in interventi a sostegno della costruzione di resilienza nei paesi della regione del Mediterraneo allargato“.
«La nostra azione comune per l’ambiente non riguarda solo la riduzione delle emissioni di carbonio, ma è un’azione volta a proteggere le persone, le comunità e le generazioni future». È il messaggio del segretario generale del Consiglio d’Europa, Alain Berset, ai leader mondiali durante la Cop29 di Baku. In linea con le azioni che l’organizzazione paneuropea sta conducendo per la protezione dell’ambiente, Berset ha evidenziato la necessità di contrastare l’impatto dell’inquinamento, del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità sui diritti umani, sulla democrazia e sullo stato di diritto.