L’inverno demografico ed i fabbisogni connessi alle transizioni digitali e ambientali minacciano l’economia italiana. La risposta è in più formazione, anche di lavoratori in Paesi terzi. È quanto propone Fondimpresa, ente di formazione di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, che ha riunito a Roma il mondo del lavoro. Anche perché si prevede un saldo occupazionale passivo per 1.300.000 atteso entro il 2028, bisognerà aumentare l’occupazione del 3,7% annuo oppure, con più realismo, del 2% annuo, assorbendo contemporaneamente 120.000 lavoratori esteri, sempre all’anno.
Per sopperire per Fondimpresa bisogna inserire cittadini esteri, anche extra Ue, nel tessuto produttivo italiano con programmi di formazione specifici. Il valore aggiunto è doppio, economico e sociale: ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e, contemporaneamente, contribuire a creare un’immigrazione di qualità, a partire da una formazione nei paesi di origine, anche della lingua e della cultura italiana.
Per Fondimpresa poi bisogna formare non solo gli occupati, ma anche gli occupabili, partendo dalle esigenze specifiche delle aziende, identificando i candidati e garantendo il contratto alla fine del percorso. «Di fronte al pericolo effettivo dell’ampliarsi della forbice tra lavoratori attivi in diminuzione e pensionati in crescita, noi di Fondimpresa abbiamo trovato un antidoto per imprese e lavoratori: occorrono più innovazione e più inclusione sociale, processi connessi e sinergici, bisogna evitare di politicizzare il dibattito riguardo ad argomenti ormai ineludibili e lavorare per creare la coesione necessaria a coinvolgere attori istituzionali e parti produttive», ha spiegato il presidente di Fondimpresa, Aurelio Regina.