«L’euro digitale contribuirebbe a preservare la sovranità monetaria dell’Europa in un contesto in cui le infrastrutture di pagamento di altre aree del mondo stanno guadagnando terreno». Lo afferma la vice dg di Bankitalia Chiara Scotti in un discorso all’Università di Firenze, secondo cui l”assenza, ad oggi, di una soluzione di pagamento utilizzabile in tutta l’area dell’euro ha creato una forte dipendenza da pochi attori esteri e “può avvantaggiare BigTech internazionali che, vantando basi dati di milioni di utenti, stanno valutando l’emissione di criptoattività per l’esecuzione di pagamenti digitali“. «Per questo emerge un serio problema di autonomia europea. Questo ha ripercussioni sul piano della concorrenza, così come dell’efficienza, autonomia e resilienza del sistema europeo dei pagamenti al dettaglio – ha spiegato. – Infatti le posizioni dominanti dei big player internazionali possono creare barriere all’ingresso del mercato, limitare la possibilità di espansione delle soluzioni domestiche esistenti e scoraggiare i potenziali concorrenti dal realizzare nuove soluzioni di pagamento».
Scotti si è quindi scagliata contro le monete virtuali. «Comprare Bitcoin o Ethereum equivale a comprare una fiche al casinò, non ad avere una banconota perchè si tratta di attivi che non possono definirsi nemmeno “criptovalute” – ha detto. – Non sono emesse o garantite da un soggetto chiaramente identificabile; esse vengono create da un software seguendo degli algoritmi e servono a far funzionare le reti decentralizzate a differenza delle cosidette stablecoin emesse da soggetti vigilati (banche e Imel) o quelle legate a un paniere di valute o ad altre attività, pevisti dalle normative europee. Per queste le cripto come Bitcoin sono “esposte a usi principalmente speculativi o illeciti (come il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo)».