La grande rivoluzione del settore tecnologico parte da chi questa rivoluzione l’ha creata. Tra questi, i grandi nomi storici come Apple (che hanno creato device nuovi come gli iPad) passando per Alphabet che ha creato il primo dei motori di ricerca al mondo (Google) senza dimenticare Nvidia, ideatrice dei microprocessori alla base dei più diffusi sistemi di intelligenza artificiale. Grandi aziende che, adesso, sono ormai riunite in un club elitario, come quello delle Magnifiche 7 come sottolinea anche Gabriel Debach, market analyst di eToro che delinea il quadro di una situazione in perenne movimento.
Le chiamano le Magnifiche 7, sono i giganti del settore tech. Chi sono queste aziende che potrebbero dominare l’economia mondiale e, in alcuni casi (Tesla), anche le prossime scelte politiche?
«Ai mercati piacciono i giochi di parole. Nel tempo ci si è imbattuti in diversi acronimi, utilizzati per identificare, in senso positivo o negativo, gruppi di aziende o Paesi accomunati da caratteristiche ben precise. Ricordiamo i PIGS, termine non lusinghiero coniato nel 2008 per per fare riferimento ai paesi dell’Unione Europea che stavano attraversando gravi difficoltà economiche, o i FAANG, termine nato intorno al 2013 per identificare i cinque giganti tecnologici che dominavano il mercato azionario dell’epoca, ovvero Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google. La notorietà dei FAANG ha subito una battuta d’arresto negli ultimi anni, sostituita in maniera preponderante da quelle che adesso vengono definite le Magnifiche 7, o più precisamente “Magnificent Seven”. Tra queste troviamo le irriducibili, come Apple, Amazon, Alphabet (Google) e Meta, a cui si sono aggiunte Microsoft, Tesla e Nvidia. Queste sette “regine” del mercato, operative primariamente nel campo dell’intelligenza artificiale, del cloud computing, dell’automazione e della mobilità elettrica, si sono affermate come leader mondiali nel settore tecnologico, grazie al loro tasso di innovazione, alla crescita che stanno riuscendo a sostenere e alla loro influenza sull’economia globale. Le loro operazioni coprono un vasto numero di settori, influenzando mercati, consumatori e, necessariamente, anche la politica. La loro ingerenza, infatti, è diventata tale da porle al centro dell’attenzione non solo degli investitori, ma anche delle autorità. I motivi di preoccupazione sono legati al loro potere di mercato, alla concentrazione economica e al potenziale impatto negativo che possono avere su settori specifici e sull’economia globale. In questo momento, quindi, è in corso un elevato scrutinio sulle loro attività con l’intento di assicurarsi che il loro operato risulti equo, trasparente e rispettoso delle leggi. Per quanto riguarda Tesla, si potrebbe dire che l’azienda ha già giocato un ruolo importante come agente in grado di influenzare alcuni aspetti della politica, come l’attenzione verso sostenibilità, innovazione e infrastrutture. Nel prossimo futuro, tuttavia, non è chiaro, ancora, quale sarà l’effettivo coinvolgimento del suo fondatore, Elon Musk, tra le fila dell’amministrazione Trump e quanto questo sarà in grado di smuovere ulteriormente gli equilibri».
Dal momento che stiamo parlando di aziende non si può ignorare il fatto che la loro potenza nasce e influisce su Wall Street. Quali sono le prospettive per le quotazioni di queste grandi aziende?
«Con una incidenza del 31% sull’intero S&P 500, le Magnifiche 7 determinano certamente l’umore del mercato. Basti pensare come hanno contribuito per quasi la metà della performance da inizio anno dell’indice S&P 500 (circa il 46%). La grande domanda resta: possono continuare a sovraperformare il mercato? Guardando ai dati FactSet, è plausibile che queste aziende manterranno tassi di crescita degli utili superiori rispetto alle altre 493 componenti dell’indice S&P 500 per tutto il prossimo anno. Tuttavia, il gap di crescita tra le Magnifiche 7 e il resto del mercato sta gradualmente diminuendo. Questo riflette aspettative già molto elevate e una base di comparazione meno favorevole rispetto al passato, elementi che potrebbero rendere più difficile sostenere un ritmo così accelerato. Nelle recenti trimestrali, i risultati pubblicati sono stati in gran parte eccezionali. Le rare delusioni sono derivate da previsioni prudenti o da preoccupazioni generate da un aumento degli investimenti. Nonostante ciò, i titoli hanno mostrato una capacità di recuperare rapidamente eventuali perdite post-trimestrali, confermando una resilienza che continua ad attirare capitali. È probabile che la corsa delle Magnifiche 7 non sia ancora giunta al termine, nonostante valutazioni decisamente impegnative. Tuttavia, l’attenzione potrebbe iniziare a spostarsi verso altri settori. Mentre le Magnifiche 7 continuano a offrire performance straordinarie, il mercato potrebbe gradualmente diversificare il proprio interesse, premiando anche settori finora meno sotto i riflettori. Wall Street mantiene un atteggiamento fiducioso, con il portafoglio equiponderato sulle Mag7 che, secondo le stime, potrebbe crescere dell’8% in media e addirittura del 28% nello scenario più ottimistico. Tesla si conferma l’ago della bilancia: il target price medio prevede un calo del 32%, ma nella proiezione più favorevole potrebbe segnare un balzo straordinario del 72%».
Le Magnifiche 7 sono indissolubilmente legate al settore tecnologico. Nvidia, ad esempio, è la grande vincitrice della rivoluzione AI. Quali previsioni per il gigante dei microchip? Qual è il ruolo che giocherà l’Intelligenza Artificiale per i futuri sviluppi delle strategie industriali delle Magnifiche 7?
«NVIDIA si conferma la grande vincitrice della rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale, dimostrando una capacità straordinaria di crescere e guidare l’intero ecosistema tecnologico verso una nuova era. Con un fatturato record di 35,1 miliardi di dollari nel terzo trimestre fiscale del 2025, la crescita del 94% rispetto all’anno precedente sottolinea la centralità del settore dei data center, che da solo ha generato 30,8 miliardi, grazie al successo delle architetture Hopper e Blackwell. La domanda per i suoi chip AI è in forte aumento, con il nuovo chip Blackwell già in piena produzione e 13.000 unità spedite nel trimestre. NVIDIA ha evidenziato la forza della domanda per entrambi, con una domanda per Blackwell destinata a superare la capacità produttiva. Un “problema di lusso” – ovvero un eccesso di domanda – è certamente positivo nel lungo termine, ma introduce incertezze operative che il mercato, in questa fase, sembra amplificare. L’importanza di NVIDIA non risiede solo nei numeri, ma nel ruolo di acceleratore e architetto di un’infrastruttura globale pronta ad accogliere l’era dell’IA generativa. Blackwell, la nuova generazione di GPU, è già in piena produzione e sta rivoluzionando i data center dei principali colossi tecnologici, da Microsoft a Google Cloud, con un’efficienza mai vista prima. L’impatto di Blackwell non si limita alla pura capacità di calcolo: consente riduzioni di costo fino a quattro volte rispetto ai precedenti standard e introduce livelli di efficienza energetica e scalabilità senza precedenti. Il CEO Jensen Huang lo ha descritto come un elemento chiave per la prossima generazione di infrastrutture IA, progettate non solo per il training, ma anche per l’inferencing e per abilitare nuove applicazioni, come quelle basate su modelli di reasoning avanzati. Jensen Huang, CEO di NVIDIA, ha definito l’AI non come una tecnologia, ma come una vera e propria “industria manifatturiera”, capace di creare valore attraverso l’intelligenza artificiale, proprio come le fabbriche tradizionali generano beni fisici o energia. È una visione che si traduce nei fatti: con l’adozione diffusa dell’IA in settori industriali, finanziari e creativi, NVIDIA sta alimentando una nuova generazione di servizi e applicazioni. Il concetto di “Inference Time Scaling”, ad esempio, dimostra come l’IA possa continuamente migliorare la qualità delle sue risposte, rendendo l’adozione di modelli generativi non solo più accessibile, ma anche più efficace. La trasformazione di NVIDIA non avviene in un vuoto isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio che coinvolge tutte le “Magnifiche 7” (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla). Questi giganti tecnologici sono impegnati a integrare l’Intelligenza Artificiale nei propri modelli di business, spingendo verso una rivoluzione tecnologica senza precedenti. Un chiaro segnale di questa direzione è rappresentato dalle spese in CAPEX degli ultimi 12 mesi (LTM) relative al terzo trimestre, che hanno raggiunto livelli record. Escludendo NVIDIA, gli investimenti complessivi delle altre sei aziende sono passati dai 153 miliardi di dollari del primo trimestre del 2022 agli attuali 219 miliardi, segnando un incremento del 43%. Un dato che sottolinea come l’adozione dell’AI non sia solo un’opportunità strategica, ma una necessità competitiva che sta ridefinendo le priorità industriali su scala globale. Per esprimere meglio il concetto, bastano le parole dei leader del settore. Mark Zuckerberg ha dichiarato: “Preferirei rischiare di creare capacità prima che sia necessario piuttosto che troppo tardi”. Nel terzo trimestre del 2024, ha ribadito l’importanza cruciale dell’intelligenza artificiale per Meta, affermando: “L’IA è il futuro di Meta”. In parallelo, Satya Nadella, CEO di Microsoft, ha evidenziato come l’azienda stia “trasformando ogni prodotto e servizio con l’IA”, sottolineando l’integrazione dell’IA in tutta l’offerta di Microsoft. Andy Jassy, CEO di Amazon, ha sottolineato che l’IA generativa sta crescendo tre volte più velocemente rispetto al cloud computing, evidenziando il ruolo centrale che questa tecnologia avrà nel futuro di Amazon. Ma l’adozione dell’IA si estende anche alle nazioni, con NVIDIA che supporta iniziative sovrane in India e Giappone per creare infrastrutture locali e nazionali basate sull’intelligenza artificiale».
Alphabet potrebbe essere costretta a vendere Chrome per diminuire la sua ingombrante presenza sul mercato. Anche Apple in Gran Bretagna ha problemi di monopolio e rischia una multa da 6 miliardi di sterline. Si potrebbe fare il quadro della situazione?
«Le autorità antitrust stanno monitorando sempre più da vicino le pratiche dei colossi del tech. Questo ha portato, in particolare a livello europeo, ad adottare regolamenti come il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA), destinati a garantire una maggiore equità e concorrenza nelle piattaforme digitali. Maggiore scrutinio significa, necessariamente, maggiori grattacapi per le Magnificent Seven. Google è sotto inchiesta in vari paesi per monopolio e abuso di posizione dominante nel settore della ricerca online e della pubblicità digitale. Particolarmente battagliera, in questo senso è l’Unione Europea che negli anni ha inflitto a Google multe antitrust per oltre 8 miliardi di euro, 2,4 dei quali sono stati confermati dalla delibera della Corte di giustizia dell’Unione europea, alla quale l’azienda aveva presentato ricorso, lo scorso settembre. Le critiche verso Google sono legate al suo comportamento nell’ambito della ricerca web e dei sistemi operativi mobili, in particolare per la pratica di preinstallare Chrome e Google Search su dispositivi Android, ostacolando la concorrenza. Da qui l’eventualità che a Google sia imposto di separarsi da Chrome. Inoltre, la società è coinvolta in dispute sulla privacy, in particolare riguardo alla raccolta di dati degli utenti senza il loro pieno consenso. Con una quota di mercato del 61% e 3 miliardi di utenti mensili attivi, Google Search contribuisce per circa il 55.9% del fatturato complessivo dell’azienda, con circa $49 mld solo nel terzo trimestre. Se Chrome dovesse arrivare sul mercato, il browser varrebbe almeno 15-20 miliardi di dollari, secondo le stime di Bloomberg Intelligence. Il tema intorno a Apple riguarda invece il controllo che la società esercita sui propri ecosistemi. In Gran Bretagna, l’azienda sta affrontando accuse relative al suo ruolo nel mercato degli smartphone e in particolare nella gestione dell’App Store. Apple ha il monopolio sui download di app per dispositivi iOS, e questo le consente di applicare commissioni elevate (fino al 30%) sui guadagni delle app distribuite attraverso il suo store. Le autorità britanniche (come l’Autorità per la Concorrenza e i Mercati – CMA) stanno esaminando se questa posizione dominante infligga danni agli sviluppatori di app, creando barriere all’ingresso e limitando la concorrenza. Inoltre, c’è il problema del sistema chiuso di Apple, che limita la libertà degli utenti e degli sviluppatori, e impedisce che altre piattaforme possano essere utilizzate in maniera altrettanto efficiente o conveniente. Alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea, stanno cercando di forzare Apple ad aprire maggiormente il suo sistema e ad abbattere le barriere tra i suoi sistemi operativi e altre piattaforme. Dopo i 13 miliardi di euro aiuti dall’Irlanda che sarà costretta a restituire e i 6 miliardi di sterline che pendono nel Regno Unito, il bonifico più ingente per Cupertino potrebbe arrivare dall’UE. Le autorità stanno indagando la Mela, accusata di non rispettare le nuove norme sulla concorrenza e se ciò venisse confermato, entro la fine di marzo 2025, la multa potrebbe arrivare fino al 10% del fatturato globale della Apple, che stando alle vendite dello scorso anno, ammonterebbe a più di 30 miliardi di euro».
C’è poi il capitolo privacy e trattamento dei dati. Un capitolo ampio e sempre più spinoso. Quali sono le previsioni in questo caso?
«Il capitolo della privacy e del trattamento dei dati rimane centrale nel dibattito globale, ma il suo futuro dipenderà dai cambiamenti istituzionali e geopolitici. Con la fine dell’era Vestager in Europa, nonostante il rinnovo della Commissione Von der Leyen, potremmo assistere a un cambio di strategia nelle politiche antitrust. Nuove priorità potrebbero ridefinire il rapporto tra regolatori e Big Tech. Negli Stati Uniti, il ritorno di Trump potrebbe introdurre un approccio diverso, forse più protezionistico, ridisegnando il dialogo globale sulla privacy e intensificando le tensioni con l’UE».
La sfida, conclude Debach, resta quella di bilanciare tutela dei diritti e dinamiche di mercato, garantendo al contempo innovazione e trasparenza.