L’industria della musica raggiunge sempre di più livelli da capogiro a livello globale, anche se a livello nazionale i numeri non sono da meno. Stando alle somme più recenti, che includono l’intero ecosistema del settore, in Italia il giro d’affari ammonta a circa 4,3 miliardi.
Questa cifra arriva dalla federazione confindustriale delle major discografiche (Fimi), che ha realizzato un report sul mercato musicale da presentare in occasione del lancio dell’ottava edizione della Milano Music Week, in programma dal 18 al 24 novembre. Il rapporto affianca il Global Music Report 2024 e segue l’analisi sul primo semestre in Italia, aggiornandola e trattando i primi 9 mesi del 2024.
I 4,3 miliardi di cui abbiamo parlato, infatti, comprendono ambiti che cambiano, che mutano, che si adeguano alle richieste del pubblico e, chiaramente, alle innovazioni tecnologiche. Si va dall’hardware ormai necessario per chi fa musica (dagli strumenti ai device per l’ascolto) a tutto ciò che riguarda più strettamente la burocrazia, le tutele e le manifestazioni.
Molto impattante è tutto ciò che concerne il diritto d’autore: dalla pubblica esecuzione (330,9 milioni) all’emittenza (112,9 milioni) si passa alla copia privata (circa 80 milioni) per poi arrivare ai diritti connessi (72,8 milioni) e alle sincronizzazioni per cinema e Tv (13,6 milioni). L’export, in questo senso, contribuisce con 58 milioni.
Si passa poi alla discografia, che muove 292,3 milioni con i formati digitali e 62 milioni con i supporti fisici (vinili, cd, blu-ray).Su questo settore va fatta una piccola digressione, citando Il Sole 24 Ore: nonostante i numeri mossi non siano esattamente stellari e nonostante non si tratti del primo comparto del music business, è attorno ala discografia che ruota l’intero sistema.
È in questo campo che vengono prodotti gli artisti, i brani e i repertori che impatteranno sul pubblico e sulle sue scelte.E non solo le scelte d’ascolto, ma anche quelle che influenzano gli altri settori: dalla vendita dei biglietti ai libri e alle raccolte ritenute essenziali per approfondire la propria conoscenza e cultura, passando per la scelta dello strumento da imparare a suonare.
Riguardo alle scelte di chi suona per passione gli strumenti valgono 1,2 miliardi: l’export frutta 130 milioni, il noleggio 147 milioni e la compravendita, da sola, raggiunge i 437 milioni. Importante anche l’apporto di chi insegna (239,2 milioni) e dell’acquisto degli spartiti (65,7 milioni). E chi invece ascolta? Dalle casse Bluetooth più amatoriali agli impianti hi-end per veri appassionati con il pallino della perfezione, il settore audiofilia vale circa 531 milioni.
Chiaramente, però, i ricavi più importanti vengono dalle attività live: i concerti contano su 967,4 milioni di fatturatoe non è da prendere sottogamba tutto quello che riguarda l’intrattenimento musicale (piccoli concerti, riproduzione durante eventi, live in discoteca e musica da ballare, sempre in discoteca e affini), che frutta 780,5 milioni.
In generale, l’intero settore è in crescita (per il decimo anno consecutivo): si parla del 14,5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con la discografia che segna +18,8%, i concerti +33%, e il diritto d’autore +22,3%. A guidare la corsa è il digitale (+16,8%), in particolare grazie allo streaming (+17%) e allo streaming premium (+21,8%).