Fin dai tempi dei mecenati rinascimentali il mondo dell’arte è visto come un settore di investimento e, in alcuni casi, anche una sorta di settore rifugio per chi vuole proteggere i propri capitali.
A trarre vantaggio da questa impostazione è anche l’Italia, la quale, pur rivestendo un ruolo marginale nel mercato dell’arte globale, è vista come una sorta di piazza strategica dagli operatori (sia culturali che finanziari) anche in virtù del suo passato e di un potenziale inespresso.
Nei mesi scorsi, però, il settore è stato investito da venti contrari che hanno fatto parlare di crisi. Sullo sfondo le grandi case d’asta, da sempre viste come un termometro, che lamentavano un crollo dei profitti. Emblematico il caso Sotheby’s con il calo dell’88% sui profitti e del 25% nelle vendite d’asta. Proprio il 27 novembre l’asta milanese di arte moderna e contemporanea nonostante i 9,45 milioni di realizzo ha lamentato anche 17 lotti invenduti su 57, tra cui cinque opere di Fontana mentre una Natura morta di Giorgio Morandi è stata venduta poco oltre la soglia minima della valutazione di partenza. Ulteriore conferma è arrivata anche dai dati dell’Art Basel & UBS Global Art Market Report 2024 e dal Deloitte Private Art & Finance che parlava di vendite globali in calo, rispetto all’anno precedente, del 4% nel 2023, attestandosi intorno ai 65 miliardi di dollari.
Un paragone, però, che deve tener conto di alcuni fattori differenzianti. In particolare il fatto che il 2022 è stato un anno particolarmente forte sul fronte delle vendite. Infatti sono state registrate numerose aste di diverse collezioni per singolo proprietario. Inoltre sempre lo stesso anno ha potuto usufruire dell’effetto traino della domanda repressa post coronavirus che ha caratterizzato tutti i fronti del consumo, compreso il mercato dell’arte.
Parallelamente anche un altro ramo del settore lusso, la moda, segnava il passo anche a causa di un rallentamento della Cina e della sua voglia di comprare in giro per il mondo. Per questo motivo, da un punto di vista internazionale, l’attenzione si è subito rivolta verso l’altro grande player mondiale, l’India. Una nazione in forte crescita e sulla quale gli operatori ripongono molte speranze. Ma in nome del grande insegnamento della finanza e cioè la diversificazione degli investimenti. Lo sguardo degli operatori si è esteso anche al mondo arabo e ai suoi ricchi rappresentanti i quali, dopo il calcio e lo sport in generale, potrebbero guardare con rinnovato interesse al mondo dell’arte. Dietro le quinte, poi, anche un altro grande protagonista, il Continente africano con la pittura nera, fatta cioè da artisti di colore il quale, in nome della blackness, potrebbe cambiare le carte in tavola, Asia permettendo. Infatti se la Cina, come detto, arranca sugli acquisti, il Sud Est asiatico di potrebbe presto far notare sul fronte delle novità. Ma questo allargamento degli orizzonti in cerca di nuovi mercati non è forse, di per sé, una conferma di una crisi dei vecchi protagonisti?
La fotografia del Vecchio Continente mostra delle zone d’ombra ma anche dei panorami che potrebbero tornare presto alla riscossa. Se New York resta un punto centrale per il mercato dell’arte l’Asia si sta mettendo in evidenza con Hong Kong nuova protagonista grazie al richiamo di eventi come Art Basel che dal 2013 è presente anche in Asia oltre che in Florida con la sua edizione invernale. Chi invece si trova ancora in difficoltà sembra essere Londra. Superate le difficoltà nate con la Brexit deve però combattere contro un avversario storico: La Francia. Parigi, infatti, ha deciso di adottare una politica fiscale agevolata che prevede, dall’inizio del 2025, un’aliquota IVA ridotta al 5,5% su tutte le transazioni di opere d’arte. Non solo ma complice ancora il team di Art Basel, la capitale francese ospiterà il prossimo progetto fieristico che porterà diverse gallerie d’arte a spostarsi in terra gallica.
C’è poi il fenomeno Nft. Questo segmento ha visto un crollo che ha sfiorato il 50% (49% per la precisione) con aste che hanno registrato ricavi scesi da 232 milioni a soli 13 milioni di dollari tra il 2022 e il 2023 e debacle del -97% se si considera il volume di scambi settimanali nel settore dei non fungible token. Ma anche in questo caso, come in tutte le bolle, non p detto che si tratti di un mercato definitivamente estinto. Se gli acquirenti occasionali hanno perso interesse, non è così per alcuni collezionisti che guardano ancora al settore in vista di una progressiva maturazione dei progetti NFT e del mercato del trading di NFT. Si tratta, in questo caso, di un settore complesso che vede chiamati in causa anche team di progettisti i quali, sull’onda del primo successo, hanno faticato a reggere il passo e non sono riusciti a fornire prodotti in grado di soddisfare il mercato. La zavorra rappresentata dalle spese di marketing ha fatto il resto. Sebbene i vantaggi degli NTF come classe di asset esistano ancora (si pensi alla proprietà dell’opera stabilita attraverso token non fungibili) si tratta di jolly che richiedono una forma mentis differente per la quale anche il mercato dell’arte deve adattarsi. Da qui, forse, la preferenza degli operatori per un monitoraggio sul lungo periodo.