I successi dei campioni azzurri, dal singolare al doppio, dalle gare individuali a quelle a squadre, sia maschili sia femminili, stanno facendo impennare l’interesse verso il tennis italiano e di conseguenza anche la sua dimensione economica. I trionfi di Jannik Sinner hanno attratto anche chi non aveva mai avuto contatti con questo sport ed oggi il tennis si è affermato come il secondo sport più popolare in Italia, contando oltre 18 milioni di appassionati, dietro solo al calcio che ne registra 22.
Insomma l’Italia consolida il suo ruolo di punto di riferimento internazionale del tennis, non solo in termini sportivi ma anche di industria, con numeri che fanno parlare di un vero e proprio momento d’oro. Ne abbiamo parlato con Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (Fitp).
Il tennis italiano sta volando non solo per le performance dei grandi campioni come Sinner ma anche a livello economico. Qual è l’impatto complessivo in termini di Pil ed anche di entrate fiscali per il Paese?
«Proviamo a dare un’idea: secondo la Boston Consulting l’impatto delle sole Atp Finals di Torino è stato di 503,4 milioni per un valore aggiunto del Pil di 243,2 milioni. Invece per Ernst & Young gli Internazionali di Roma hanno contribuito per oltre 623,5 milioni. In totale il paese Italia riceve dal movimento tennis e padel, complessivamente, un gettito fiscale di 1,3 miliardi di euro, con impatto economico di 8,3 miliardi. Il Pil, inteso come valore aggiunto, è stato stimato in 4,3 miliardi di euro. Credo che questi numeri rendano l’idea della grandezza del tennis italiano».

Angelo Binaghi-presidente Fitp (foto Giampiero Sposito)
Quali sono le vostre stime legate all’indotto da qui al 2030, considerando anche i grandi eventi che ci attendono?
«Abbiamo delle stime, ma vorremmo ulteriormente verificarle. Anche perchè siamo sempre ‘in progress’: abbiamo appena ricevuto l’onore di organizzare le Finals di Coppa Davis per i prossimi tre anni: dunque i numeri andranno rivisti. Perciò, fermiamoci all’anno prossimo: a Roma abbiamo già una prevendita superiore del 50% e puntiamo a realizzare un impatto economico sul territorio che si avvicini al miliardo di euro. Con la Coppa Davis, le Finals, il Major di padel e le altre manifestazioni internazionali che organizziamo dovremo arrivare a quota due miliardi».
Eppure quando lei ha assunto la guida della Federazione nel 2001, il tennis italiano era in crisi. Si può parlare di una vera rivoluzione in 20 anni del tennis?
«Vediamo: abbiamo cambiato filosofia e modus operandi. Abbiamo abbattuto un sistema che, quando sono stato eletto era sull’orlo della bancarotta. Quando ho assunto la guida della Federazione nel 2001, il tennis italiano era in crisi: 130 mila tesserati, un fatturato federale di soli 15 milioni di euro e atleti in sciopero. Oggi, il settore è in piena espansione con oltre 1 milione di tesserati e un fatturato che supera i 200 milioni di euro. Se la parola giusta è ‘rivoluzione’, lo dica lei. Noi abbiamo cambiato l’etica e l’approccio manageriale con meritocrazia e innovazione, oltre che creatività: la tv, Supertennis, ne è l’esempio lampante. I risultati sono sotto gli occhi del mondo. Abbiamo trasformato la povertà in virtù, eliminando sprechi e prendendo decisioni per efficienza e competitività. Il sistema delle squadre federali è stato riformato per premiare i vivai locali: Per giocare in Serie A, almeno il 50% dei tennisti deve essere formato internamente, una strategia che ha dato i suoi frutti con campioni come Jasmine Paolini, Matteo Berrettini e Jannik Sinner, oggi il tennista numero uno al mondo».
Perché secondo lei ha così tanto successo? Oggi è il secondo sport più popolare in Italia…
«Il tennis è lo sport che fa più bene alla salute. Lo certificano numerosi studi scientifici. Spesso si parla di battaglia con il calcio ma è sbagliato. Semplicemente alla base ci dovrebbe essere un’idea sana di concorrenzialità che può agire da stimolo per tutti e che è normale in tutti i paesi del mondo. Il calcio è lo sport più popolare d’Italia e dunque le altre federazioni dovrebbero studiarne il modello per provare ad ottenere la stessa visibilità. Per me rappresenta un esempio, un’ispirazione e non certo un nemico da combattere».
Il padel anche fa dei numeri importanti?
«Ripensi al Covid: il padel ha avuto un boom pazzesco, con numeri di crescita a tre cifre. ha contribuito a portare i praticanti complessivi a 6,5 milioni. Eventi come le Atp Finals di Torino e gli Internazionali d’Italia registrano sold out e sono il fiore all’occhiello della federazione. E fate attenzione al pickleball, la prossima imminente rivoluzione».
Mi parla del progetto “Racchette in classe”: come si diventa Sinner?
«Sinner si diventa solo essendo Sinner. Un altro come lui sarà difficile persino clonarlo. L’iniziativa, che coinvolge centinaia di migliaia di bambini, punta a raggiungere un milione di partecipanti in cinque anni, contribuendo sia a scoprire futuri campioni sia ad ampliare la base dei tesserati, fondamentale per la crescita del movimento. Noi, ed è un mio pallino personale da tempo, vogliamo che il tennis diventi uno degli sport base della scuola, perché fa bene. E lo perseguiremo con tutte le energie».
Obiettivi futuri, anche promossi della Fitp?
«In realtà c’è chi ci suggerisce di rifiatare, di fermarci e riposare. Non è nelle nostre corde. Siamo ancora in fase di acquisti, di investimenti. Vogliamo seminare, e non ci fermeremo».
Investimenti lungimiranti sul settore giovanile, organizzazione di tornei e manifestazioni sul territorio sono gli ingredienti vincenti della visione della federazione. In tal senso, la chiave rimane il successo sportivo per innescare la passione nel popolo, un modello che ha funzionato nel fare radicare il calcio in Italia e che il tennis sta sempre più abbracciando. I successi sportivi sono la benzina che alimenta un movimento in crescita, con un impatto economico stimato in circa 2 miliardi di euro entro il 2027.